Il vescovo emerito di Pistoia, Simone Scatizzi, ha dichiarato che ''la ostentata e dichiarata omosessualità impedisce l'amministrazione della comunione”.
L’uscita del prelato lascia in bocca quel senso di stupidità oleosa che ti stomaca per giorni.
Se però ci fermiamo un attimo a riflettere, la conclusione non è che una: il vescovo ha ragione. E non solo, ha ragione proprio in nome di quella laicità dello stato, che tutela l’indipendenza dalla Chiesa, ma anche della Chiesa.
Poco importa quindi se è di moda un cattolicesimo liquido, dove i dogmi vanno e vengono, scelti magari attraverso primarie tra i fedeli.
Disgraziatamente infatti la religione, per chi ci crede, è una verità rivelata, dove non c’è discussione ma al massimo interpretazione (basata sui testi, non su quello che “ci si sente dentro”). E un’interpretazione “pro-gay” del cattolicesimo è semplicemente folle.
Chi sbaglia quindi? Sbaglia chi non sceglie. Sbaglia chi pretende si possa essere contemporaneamente cattolici e rispettosi dei diritti umani in senso moderno; chi vorrebbe praticare l’omosessualità e allo stesso tempo ricevere l’eucarestia, cioè la vera carne del figlio di quel Dio che considera l’omosessualità “cosa abominevole” (Levitico 20:13)
Chi rispetta i gay quindi deve essere ateo? No, basta che non si dica cattolico, rinunciando a tutto quel gran varietà religioso fatto di battesimi, comunioni e pranzi che a noi italiani piace tanto. E finiamola per favore con certi fanta-cattolicesimi fai da te, che riescono nell’impresa di offendere sia chi crede sia chi non crede.
Filippo Bernasconi
"E un’interpretazione “pro-gay” del cattolicesimo è semplicemente folle."
RispondiEliminasai com'è... le religioni non sono immobili..
e quello che tu chiami folle è una delle possibili evoluzioni..
Le religioni nascono da un atto di Fede nei confronti di una verità rivelata. L'unica evoluzione possibile è costituita dalla diversa interpretazione della stessa fonte sacra, ben diversa dalla libera evoluzione che può avere un'idea fondata sul solo ragionamento. A meno che ovviamente non ci si voglia inventare un culto fatto in casa, secondo le proprie esigenze. Ma allora non chiamiamolo cattolicesimo.
RispondiEliminaFilippo Bernasconi