30 luglio 2007

"NIENTE DANTE AD AGOSTO" Parola dei Prof.


L’Alighieri è il grande escluso dai docenti della Statale. Dal piano di studio estivo. Il piano di studio estivo non si trova nei dipartimenti universitari, ma si tratta di una speciale raccolta di titoli che i professori hanno stilato, dietro richiesta di Vulcano, per gli studenti che desiderano leggere un libro compatibile con i contesti vacanzieri. In particolare, un testo da leggersi sotto l’ombrellone, con la concentrazione messa a repentaglio dai vari "Cocco bello…cocco bello", e poi da bambini che piangono per mangiare un pezzo di focaccia e poi piangono perché non possono fare il bagno dopo aver mangiato la focaccia, e ancora piangono quando è ora di uscire dall’acqua.
Paolo Bosisio è stato il primo a rispondere. Giovanni Iamartino ha preliminarmente consigliato di non smettere di pensare, durante le vacanze, e ha ricordato che il pensiero è uno dei passatempi più disponibili sul mercato. Elena Dagrada ha indicato un racconto di Salinger, che, a detta sua, è migliore del Giovane Holden. Amedeo Vigorelli, dopo aver premesso che in spiaggia occorre fare silenzio ‘interiore’, ha chiesto a noi cosa gli consigliavamo per le vacanze. Stefano Allovio ha dichiarato che, con una bambina piccola, di tempo sotto l’ombrellone ne ha poco perché: «Lo passo a fare buche nella sabbia, formine, secchiellate e rastrellate di varia natura». Maria Teresa Cattaneo, invece, ha segnalato un libro di Fruttero che: «Farà guardare con occhio diverso i propri vicini di ombrellone».


STEFANO ALLOVIO. Antropologia culturale
M. Aime, L. Tokou, Gli stranieri portano fortuna, Epoché
F. Remotti, Contro l’identità, Laterza


PAOLO BOSISIO. Storia del teatro e dello spettacolo
H. Khaled, Il cacciatore di aquiloni, Piemme
S. A. Hornby, Boccamurata, Feltrinelli


MARIA TERESA CATTANEO. Letteratura spagnola
E. V. Matas, Il viaggio verticale, Voland
F. Fruttero, Donne informate sui fatti, Mondadori


ELENA DAGRADA. Teoria e analisi del linguaggio cinematografico
G. Parise, Sillabari, Adelphi
J. D. Salinger, Nove racconti, Einaudi


FRANCA CAVAGNOLI. Teoria e Tecnica della traduzione inglese
P. Cameron, Un giorno questo dolore ti sarà utile, Adelphi
R. Matteucci, Cuore di mamma, Adelphi


GIOVANNI IAMARTINO. Storia della lingua inglese
J. Swift, I viaggi di Gulliver, Feltrinelli
D. Lodge, Scambi, Bompiani.


MARIA GIULIA LONGHI. Letteratura francese
G. de Maupassant, Racconti di vita di provincia, Einaudi
J. C. Izzo, Vivere stanca, E/O


AMEDEO VIGORELLI. Filosofia morale
O. Pamuk, Il mio nome è rosso, Einaudi
L. Fest, Io no. Memorie d’infanzia e di gioventù, Garzanti


Diana Garrisi

22 luglio 2007

DIRITTI DISTRATTI

Dietro il fronte, amaramente trasversale, che in Italia intende negare diritti alle coppie di fatto ed omosessuali, non vive solo una depressa e atavica ignoranza. La crisi è più profonda e si inserisce a pieno titolo nel fenomeno che vede decrescere il potere politico, in virtù di una sempre più accentuata anarchia di interessi corporativistici e finanziari. In questo modo, le autorità governative tradizionali, incapaci di rispondere alle sfide cruciali che la contemporaneità presenta, riflettono sulle libertà individuali i propri interventi normativi. Il bigottismo, l’instabilità e la piacioneria tutta italiana spiegano gli imbarazzanti ritardi, in termini di diritti civili, del nostro Paese rispetto al resto d’Europa. Così, mentre si dovrebbe discutere di riforme istituzionali, welfare-state, integrazione e clima, da noi, a giorni alterni, si dibatte della tanto ostentata quanto insignificante castità prematrimoniale del ministro Mastella, dei lifting dell’onorevole Luxuria, dell’harem del presidente Berlusconi. Insomma, come scriveva Piero Gobetti: "senza conservatori e senza rivoluzionari, l’Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico".
Gregorio Romeo

20 luglio 2007

EDITORIALE LUGLIO 2007

Su un noto blog letterario di cui vi consiglio la lettura (ilgiudicesulmulo.blogspot.com), c’è un amaro ma reale aforisma: "La legalità è per gli italiani come la pastasciutta per gli svedesi: un contorno". Me ne sono accorto una volta di più leggendo le isteriche reazioni di alcuni studenti alla nostra inchiesta – pubblicata sul numero di Vulcano di giugno e leggibile sul nostro blog – riguardo all’esame di letteratura tedesca. Si va da chi ci definisce dei "rastoni che farebbero meglio a pensare a studiare invece che a scrivere" a chi ci insulta accusandoci di aver messo a rischio la facilità di uno degli ultimi baluardi degli esami fuffa dentro la Statale. Il fatto che su questa inchiesta noi ci abbiamo lavorato per ben 3 mesi e che ogni riga da noi scritta è documentata dalle prove che abbiamo raccolto, ovviamente passa in secondo piano. Visto che a quanto pare siamo noi a doverci sentire nel torto per aver denunciato una situazione di manifesta illegalità.

Gli insulti a Vulcano da un certo punto di vista non mi meravigliano nemmeno troppo. Rientrano in un atteggiamento più generale, e tipicamente italiano, nei confronti della legalità. Quello ad esempio del cittadino indignato che stabilisce lui se e quante tasse pagare, credendosi pure nel giusto perché lo Stato è arrogante e poi i politici sono tutti ladri. Quello delle donne che tirano i sassi alla polizia mentre arresta i camorristi, perseguitati eroi che lottano per combattere la disoccupazione nei quartieri degradati di Napoli; quello di Gustavo Selva il cui deretano resta saldamente incollato allo scranno del Senato perché sono i cittadini – dice lui - a chiedergli di restare; quello infine di tutta una classe politica tangentopolitana (e post-tangentopoli) che si è autoassolta dapprima "perché tanto rubavano tutti e allora perché solo io dovrei pagare, i problemi sono altri" e poi con il motto "la magistratura vuole fare un colpo di stato". L’illegalità quando fa comodo a tutti, nel nostro Paese viene spesso placidamente accettata, condivisa e difesa come un diritto sacrosanto. D’altronde è fastidioso avere un mondo dove esistono le leggi. E dove per passare agli esami non basta solo comprarsi dei libri, ma bisogna anche studiarli. E’ triste constatare che gli ancestrali vizi italici si insinuano di già nella mente di molti studenti. Ragazzi che si apprestano a divenire parte attiva della società di domani. Persone che continuando a difendere con orgoglio il diritto all’illegalità andranno ad aumentare la solita vetusta zavorra che appesantisce l’Italia da tempo immemorabile.
Beniamino Musto

15 luglio 2007

DUE E TRE QUARTI


Adolescenti isterici inebriavano l’aria di motti natalizi. Un bambino biondissimo getta un guanto per terra per poter tirare meglio il cappotto della madre. Fidanzati facchini. Una famiglia di indiani accompagna la figlia a cercare un regalo di fidanzamento, forse. Un bigle lascia la sua traccia vicino ad una rossa cabina telefonica e l’anziana padrona arrossisce e sa che dovrà provvedere alla vergogna.

Il primo sorso.
Poliziotti agli angoli delle strade che non battono ciglio. Skaters. Un ragazzo vestito elegantemente con i capelli lunghi e biondi raccolti in una coda con una custodia di un sax.
Una ragazza pallida con i capelli neri lucidissimi raccolti dietro. Un giovane che fuma una pipa in strada! Bambini incollati alle vetrine del Disney Shop.
Un altro sorso.
Una madre che pulisce con un tovagliolino gli angoli della bocca della figlia.
Finito.

"Non è certo il buon caffè che posso bere in Italia, ma non si rinuncia mai ad una sana dose di caffeina allo Starbucks". Pensava, mentre appallottola con entrambe le mani -facendo attenzione a non far cadere il "The Times" da sotto il braccio - la tazza cartacea e la getta nel primo cestino che trova.

Non odiava la folla, era abituato ad averne a che fare in preparazione dei concerti, ma voleva dedicarsi alla lettura nel parco. Si riversa nell’Hyde Park. Indeciso se sedere su una sedia bianca di fronte alla tensostruttura con il palco o dividere una panchina con qualche senza tetto, si dirige altrove. Apre il giornale e lo adagia sull’erba, vicino ad un laghetto.
Si passa una mano fra i capelli e apre la cartelletta di pelle.
"Troppe scartoffie!" Ride compiaciuto della confusione che si porta appresso: è il miglior allenamento per mantenere l’equilibrio in tutto quello che fa.

L’aveva sfogliato un paio di volte. La prima il pomeriggio stesso in cui l’aveva trovato, abbandonato o dimenticato nell’erba posticcia su quel grattacielo di Milano. Si era però limitato ad ammirarne incantato la calligrafia e non sapeva se fosse giusto o no leggerne il contenuto. La seconda quand’era in aeroporto, ma l’aveva richiuso subito perché intendeva celebrare il rito della lettura da solo e in silenzio.
Lo teneva sul palmo della mano. Era di forma rettangolare e piuttosto allungato in verticale. Aveva una copertina marrone rigida.
Lo apre.
Sulla prima pagina due sigle in inchiostro dorato, scritte a mano con una calligrafia ottocentesca " I. D. ". Poco più sotto un sottotitolo: " l’abaco della cifra mnemonica delle mie esperienze mute ".

Eva Dolce

catsonthetales.splinder.com

UNO E MEZZO


L’acre odore di vernice cominciava a dargli alla testa.
Si passa una mano fra i capelli mentre cerca avidamente di decifrare l’ora dal pendolo della hall. Quarantasei minuti di attesa e nessuno ancora sembra essersi fatto vivo per venire a prenderlo.

Fa stretching con le braccia per poi portarsi il polso destro sotto al naso. Il ticchettio dell’orologio sembra infastidirlo ancora di più dell’odore di vernice.
Si alza dal divanetto della hall e si dirige sbuffando verso la reception. Appoggia il gomito sinistro al bancone e affonda la mano destra nella tasca dei pantaloni.
"Posso esserle d’aiuto?".
"Sì, volevo sapere se è permesso fumare in questa stanza".

L’addetto vorrebbe permettere ai propri muscoli facciali un’espressione contratta e stizzita ma sa bene quanto questo genere di clienti faccia comodo al proprio capo: si limita ad un "no", facendo però notare che l’entrata dell’hotel non è poi così distante.

Sorride e ringrazia, e si dirige verso l’uscita, come uno scolaretto al suono della campana.
Sta per sistemarsi la giacca quando scopre un tiepido inverno. Un insolito nevischio affievolisce l’aria Milanese.
Solo qualche passo per sgranchirmi le gambe.. Mormora, mentre si smarrisce in improbabili elucubrazioni.
Il farraginoso insieme di fumetti, evapora poco a poco dalla sua mente facendo però sempre spazio a nuovi pensieri.

Passa i navigli più volte. A ridosso del canale si rallegra della neve che viene a bussare indistintamente sui chiostri, sui passanti, sui tetti, ma nessuno sembra voler rispondere al tiepido richiamo dell’inverno.

Ride dalla sua strategica posizione: in piedi, vicino all’uscita. Alla sua destra un bambino che gioca con la condensa all’interno del tram a lasciare scritte sul vetro. Sorride e si passa una mano fra i capelli.
Scende ad una fermata a caso, percorre una strada non conosciuta e si ritrova davanti ad un grattacielo.

Non ha freddo. Se ne avesse sarebbe entrato in una qualsiasi caffetteria. Se entra in quell’edifico è per curiosità. Lo fa per l’amore di perdersi. Ormai ha perso un appuntamento importantissimo, ha smarrito il senso dell’orientamento, ha preso un tram senza pagare il biglietto: non resta che farsi cacciare da un edificio. Nessuno sa chi sia e può riprovare l’ebbrezza di sentirsi trattato come un invasore qualunque. Una volta cacciato si sentirà in dovere di tornare ai suoi affari.
Entra.
Nessuno sembra avere voglia di notarlo, tanto meno di richiamarlo per cacciarlo. Sembrano tutti presi nei loro inutili e prolissi scartafazzi.

Il pensiero di essere meno importante di un addobbo natalizio stiracchia un sorriso sul suo volto.

Spalanca la porta che trova al termine delle scale.
Nota un giardino artificiale al centro di questo improbabile terrazzo.

Siede sulla fredda panchina e stiracchia le gambe. Cerca il pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni, ma gli cade maldestramente ai piedi. Con fare distratto abbassa la mano sinistra per setacciare nella finta erba e raccogliere il pacchetto.
Quello che raccoglie però è, inaspettatamente, un libretto.
L’umidità lo stava rovinando ma è ancora leggibile. La prima cosa che lo colpisce è una grafia che sa di antico.
Eva Dolce

UNO


Tamburella freneticamente i polpastrelli della mano sinistra sulla scrivania, sguardo fermo sul monitor.
Il titolo della relazione e un inizio accennato.
Cancella tutto.
Scrive in bella grafia "torno subito" e attacca l’avviso sul primo monitor che trova, ma non si accorge che il foglio cade sul pavimento. Aria, mi serve aria, pensa, mentre allenta la cravatta e sbottona il primo in alto della camicia. Sale a passo veloce le scale, ascolta il ticchettare dei tacchi. Toglie le forcine dai capelli per farli riversare briosi ed energici sulle spalle. Allunga il braccio per spingere il maniglione antipanico. Si trova in cima all’edificio adesso. Toglie le scarpe e affonda i piedi nel prato posticcio del grattacielo. Siede sulla fredda panchina. Getta uno sguardo al pavimento. Non può fare a meno di sorridere. Chiude gli occhi. Ricorda di quando, dieci anni prima, ciondolava dal melo della cascina, poco distante da casa sua. Adorava affondare i denti fra quel succoso verde…
Si ritrova la cravatta in mano: l’abbandona poi per terra, con leggerezza. Conta con la voce i metri quadrati del terrazzo… 10 20 30… e parallelamente la sua mente volge alla conta dei giochi infantili che era solita fare nella "Curt dal fräs"…
Si alza. Percorre con lentezza il terrazzo. Si stiracchia. Abbraccia la ringhiera e osserva dall’alto le auto scorrere.
E sente ruscelli, i passi veloci di due persone che vanno allo stesso ritmo, la pelle che traspira, il caldo estivo e l’odore della terra del bosco. Torna verso la panchina. Raccoglie la cravatta e come da copione la risistema. Non dimentichiamoci del bottone, che oltraggio sarebbe! Cerca in un taschino della giacca interna altre forcine ma estrae un libello che non ricordava di aver portato dietro. Toglie il tappino della penna che tiene sempre nel taschino. Fa qualche annotazione.
Un nuovo messaggio. Prende svogliatamente in mano il cellulare ma si ritrova ad allargare un sorriso alla lettura del ricevuto.
"La stanno aspettando in ufficio!".
Vira lo sguardo verso la porta ma il contatto con il freddo pavimento le ricorda delle scarpe.
Le cattura, per poi sparire in un dedalo di scale, e poi di documenti di ufficio, e poi di cartelle e poi di colleghi e poi di riunioni, e di avvisi,…
Un solitario e buio rincasare. "Puoi rimediare al cigolio della porta ma non al senso di freddo quando entri nel tuo appartamento" pensa, mentre cerca con avidità il termostato.
Tre brevi telefonate si susseguono fra di loro, tutte soppresse con un gentile ringraziamento da parte sua.
Come da copione apparecchia per due, benché la consapevolezza di essere sola non è mai appannata. Abitudine? Forse. Nostalgia? Dicono gli altri.
Cerca nelle stanze il convitato che lei si aspetta di ritrovare, ma come ogni sera, da qualche tempo, si ritrova seduta sulla sedia della sua poco illuminata cucina, smarrita fra le camere di un anacronismo.
Stiracchia le braccia, le allunga, per poi stropicciarsi sul tavolo, guancia contro la tovaglia. Amba le palpebre.
Un improvviso colpo sulle gambe la fa sobbalzare, così come un imprevisto vento può sorprendere delle persiane non bloccate.
Un afono gatto non ha altri modi per richiamare l’attenzione altrui se non con un felino balzo sulle gambe della padrona!
Accarezza dolcemente il corpo dell’animale. In quel venerato silenzio, si fa coraggio la tiepida voce di lei:
"ventisette anni...ventisette anni… E lui non si sarà neanche ricordato…".
Vorrebbe fare la solita breve annotazione sul suo libello, ma non lo trova. Chissà dove sarà finito, in quel disordine che si porta sempre appresso...
Eva Dolce

LA CORTE DEI MIRACOLI DI DELHI



Quando le automobili si fermano e si accalcano in file caotiche davanti ai perentori occhi rossi. Quello è il momento. Lesti, si alzano dai marciapiedi e si spargono tra gli spazi lasciati dai veicoli. E cominciano a picchiettare sui vetri. Cartelli lungo la carreggiata come sentinelle dicono: "non incoraggiare i mendicanti". Eppure sono tanti quelli che abbassano il vetro della loro auto condizionata e tendono una moneta a quest’umanità derelitta. Bambini luridi, vestiti di stracci e polvere, ex lebbrosi che hanno perso dita, mani, piedi e storpi che si trascinano sui bastoni o su assi di legno con rotelle. I casi più disperati affollano le vie dei mercati o le zone più turistiche. Qui l’orrore prende il sopravvento sulla compassione. Volti dalle labbra tagliate, corpi senza arti superiori, corpi senza arti inferiori che si fanno largo, issandosi sulle braccia, o corpi ridotti al solo tronco, senza più né braccia né gambe, che si servono della bocca per raccogliere le elemosine.
Quanti sono i mendicanti di Nuova Delhi? Una recente inchiesta parla di 60.000, per la maggior parte emigrati dalle zone più povere degli stati vicini, l’Uttar Pradesh e il Bihar. Bambini, adulti, vecchi. Pare che abbiamo optato per l’accattonaggio data l’impossibilità di trovare lavoro. E il mestiere del mendicante sembra rendere, in certi casi, quanto quello di un salariato giornaliero, tra le 50 e le 100 rupie (1-2 euro) al giorno. Fare l’elemosina incentiva senz’altro la pratica del mendicare e sicuramente fomenta uno scomodo parassitismo, ma viene da chiedersi, se davvero c’è un surplus di manodopera e trovare un impiego risulta impossibile, che alternativa resta a questa gente che si è lasciata alle spalle una vita di stenti nelle campagne. E ancora, che alternativa resta agli storpi e agli sfigurati? Quante possibilità concrete hanno di trovare lavoro?
Questi derelitti accorrono nella città simbolo del boom, in vertiginosa espansione, e pretendono anche loro qualche briciola del benessere dilagante.
Una tragedia umana, che non sembra però porsi come questione sociale. E che solo ora diventa problema concreto. Da risolvere il più presto possibile. Prima del grande evento dei Giochi del Commonwealth che la capitale del subcontinente ospiterà nel 2010. Le vie della città andranno rastrellate e i mendicanti chiusi in appositi ostelli-prigione. Questa la soluzione proposta dal governo. Nascondere la polvere sotto il tappeto.


Chiara Checchini

10 luglio 2007

NON SI ESCE VIVI DAGLI ANNI '80 N.10



Oggi c’è la possibilità che io faccia un discorso serio. No, va bene, l’opzione è remota, ma giunti alla decima puntata di questa trasparente rubrica forse è il caso di tirare un po’ le somme. Come già dissi, questo spazio nasce da un’esigenza di un ex direttore di Vulcano che, trovandosi improvvisamente senza l’intervista a Giovanni Paolo II, causa morte del capo dei cattolici, entrò in una spirale di disperazione che io seppi risolvere proponendo il lancio di una rubrica: parlare degli anni ottanta in un momento di crisi morale e ideologica della società italiana. Mi sembrava il modo migliore per alimentare questa crisi. Subito la mente corre a quanto diceva Vico riguardo la Storia che si ripete secondo cicli di ascesa e declino: noi siamo palesemente in declino, proprio come lo eravamo negli anni ottanta. E guarda caso c’è un anno, il 1981, che fa al caso nostro per una serie di esempi. Il 2007 è identico all’81: è lunare che nessuno prima del vostro affezionatissimo non ci abbia pensato. Rimanendo in tema cattolico pochi giorni fa abbiamo assistito al tuffo spettacolare di un tizio dalle transenne di piazza San Pietro, per atterrare sulla Papamobile, e insidiare la vita del Santo Padre (o comunque ammaccare la bianca carrozzeria della vettura). Con esiti ben più drammatici nel maggio dell’81 Giovanni Paolo II subisce l’attentato ad opera di Alì Agca, che, questa volta senza tuffo, spara e ferisce il Papa. La morale sarebbe che non basta lanciarsi nelle cose per avere quello che si vuole, ma che è comunque sempre meglio avere una pistola?
Mah… Sebbene questa coincidenza non lasci ulteriori dubbi, ve ne presento delle altre. Viene scoperta la P2, la loggia massonica guidata dal Maestro Venerabile Licio Gelli (quello che poi fonda Forza Italia, mi pare). Oggi si fanno congetture, si disegnano scenari, che vedrebbero un’altra loggia del potere occulto, che permeerebbe i servizi segreti, i giornali, le reti di telecomunicazione, la Guardia di Finanza e la neonata "Tv delle Libertà", il personalissimo spazio della delfina di Berlusconi, quella Brambilla che guiderà il futuro del centrodestra da uno schermo televisivo: che follia, non vi pare? Sempre nell’81 cade il governo e nasce il Pentapartito: una specie di grande coalizione in cui "si fa un po’ quel cazzo che ci pare". Ora, quante possibilità ci sono che questo governo (già mezzo sbilenco) crolli, e venga sostituito da un esecutivo di larghe intese? Già in passato questa rubrica fu profetica.


Fabrizio Aurilia

5 luglio 2007

INCHIESTA: DAL REDATTORE AL CONSUMATORE. L'ESAME DI LETTERATURA TEDESCA AI RAGGI X

Per un sistema universitario trasparente assicurare la preparazione, il diritto allo studio, una valutazione giusta, dovrebbe essere il principio fondamentale di ogni esperienza didattica.

Tale trasparenza a volte viene macchiata da tracce di illegalità ed evasione, in un iter che parte da libri fantasma e si conclude con esami, sembrerebbe, troppo spesso a lieto fine.


Domanda: di cosa stiamo parlando?

Stiamo parlando dell’esame di Letteratura Tedesca (1 & altri CdL) e del Professore che detiene queste cattedre, il Vicedirettore del Dipartimento di Germanistica Fausto Cercignani.

Dialogando con molti degli studenti che hanno sostenuto l’esame, non poteva non essere evidenziato uno schema comune.


Lo studente (non frequentante il corso e non di linguistica) interessato a sostenere la prova di Letteratura Tedesca deve necessariamente concordare con il Professore Cercignani il programma d’esame. Durante questo incontro se ha una proposta su qualche particolare argomento inerente la materia viene sollecitato ad esporla, altrimenti si affida al professore riguardo i testi utili per l’esame. In entrambi i casi, il docente consegna e firma il programma, indicando alcuni brani e saggi necessari per lo studio. Il professore è anche così gentile da informarlo che alcuni di questi libri, essendo di difficile reperibilità, sono, ancora imballati, disponibili nel suo ufficio. Quindi, si offre di vendere i testi allo studente il quale, nella generalità dei casi, accetta di buon grado. Il giorno dell’esame, il candidato consegna il programma concordato e firmato da Cercignani, il quale gli rivolge le domande di rito. Proviamo ad analizzare i fatti più da vicino.


Come mai i testi sono di così difficile reperibilità mentre il nostro professore ne ha più copie, ancora imballate, nel suo ufficio?

Risulta chiaro che questi libri vengono venduti agli studenti, direttamente dal docente, al “prezzo di copertina” in mancanza di una qualsiasi specie di fattura.


Uno studente di lettere mi racconta:

Ciao, sono XXXXX, per la vicenda di Cercignani questo è il riassunto:

Era la penultima settimana di gennaio quando, informato di un esame “fuffa” da superare, mi sono recato al ricevimento del professore Cercignani. Un esame “fuffa” è un esame per il quale studiando poco si ottengono voti abbastanza alti. Il professore Cercignagni occupa la cattedra di Letteratura tedesca presso la statale sezione germanistica. Io, dopo aver aspettato il mio turno (al suo ricevimento c'è sempre la coda: gli studenti sono attirati dagli esami “fuffa”), mi sono consultato con il professor Cercigniani per concordare un programma d’esame relativo al mio piano di studi (lettere).Il professore, senza nemmeno aver approfondito la mia collocazione all'interno del ramo letterario, si è affrettato a prendere il suo programma e a cancellare tutta la bibliografia li scritta. Sopra ha scritto a sua volta il mio nome e cognome e il programma sostitutivo da studiare per l’esame. In tutto quattro manuali dei quali mi avrebbe detto solo successivamente (nel caso li acquistassi) quali pagine studiare. In seguito, su un altro foglio di carta, ha scritto in fila il prezzo di ogni libro e sotto la somma. Dopo aver scalato da questa la percentuale che solitamente la CUEM (libreria interna all'università) detrae come sconto agli studenti, il professore, mostrandomi il foglio, mi ha chiesto la cifra di 64€ (per un esame da sei crediti). Io, sconcertato della velocità con la quale aveva sbrigato il tutto e per il fatto che, così su due piedi, mi domandasse dei soldi, ho chiesto al professore dei metodi alternativi per reperire i testi (prenderli in prestito alla biblioteca, comprarli di seconda mano, acquistarli in una libreria competente). Il professore Cercignani, prima ha riposto nel cassetto il foglio contenete il conto della somma da dare, poi ha tentato di persuadermi a tornare un'altra volta con i soldi, perché riteneva che i libri da lui forniti per sostenere (e superare) l'esame fossero introvabili fuori dal suo ufficio. Io ho insistito perché lui mi desse la possibilità di ricopiare i titoli (visto che anche il foglio del programma era stato nascosto nel cassetto). Alla fine me li ha fatti ricopiare, dicendomi, però, che le pagine da studiare le avrei concordate con lui solo dopo aver acquistato i libri. Salutai il professore con la promessa di ritornare con i soldi e andai alla CUEM. Lì trovai i libri di Cercignani per giunta usati. La settimana dopo ritornai al ricevimento per concordare le pagine da studiare, e il professore mi disse che i testi per l'esame non erano più quelli che mi aveva lasciato trascrivere ma che , per mancanza di fondi, i libri erano degli altri. Così io mi procurai 64€ e comprai i volumi. Appena consegnati i soldi il professore li mise in una busta con su scritto il mio cognome, e aggiunse un ok più firma sul foglio compilato con il programma, dicendomi di portarlo all'esame. Quando mi presentai all'appello il professore interrogava da solo, senza assistenti o altro. Mi fece due domane, una delle quali a scelta. Mentre rispondevo alla seconda, mi scrisse il voto sul libretto. Un trenta. Presentandomi all'appello riscontrai, inoltre, che tutti coloro i quali, come me, dovevano sostenere un esame da sei crediti avevano pagato al professore 64€ per la bibliografia e tutti avevano raggiunto come voto finale trenta, alcuni addirittura con lode. Ottenuto anche io il trenta, salutai il professore e mi recai alla CUEM (che compra i testi usati degli studenti) per vendere a mia volta i libri. La CUEM, inspiegabilmente mi disse che non li potevano comprare, almeno per quella sessione dell'anno. Questo è quanto accadde.”


Dinamiche sospette

Elemento ancora più interessante è che non si sa da dove vengano questi libri, né chi li stampi. L’editore è la Cuem., ma non si tratta di una semplice edizione Cuem. Un’edizione Cuem presenta un tipo di formato riconoscibile, quella dei libri in questione ne ha un’altro (beh, è vero il formato può cambiare). Un’edizione Cuem è stampata dalla “Global Print”, invece la tipografia di tali libri rimane sconosciuta. Il perché in qualsiasi testo venga indicato, con delle formule base, chi stampa il libro (stampato da …, stampato su carta … da … , stampa: …) e che questi volumi, utili per l’esame di Letteratura Tedesca, non abbiano una simile dicitura, resta un mistero.



Inoltre, questi stessi testi, una volta utilizzati, non potranno essere rivenduti e quindi essere ricomprati come usati. Parlando con un lavoratore della Cuem, scopriamo che tali libri non vengono “acquistati” poiché non c’è richiesta da parte degli studenti. Eccezione a questo la fanno i tomi delle ultime annate (del 2005,del 2006) segnalate nel programma in corso del Professore Cercignani. Ma delle tante persone con cui ho parlato, pochi hanno dovuto comprare dei libri dell’ultima annata. La maggior parte ha utilizzato edizioni (di “Prima Stampa”) del 1999, del 2000, del 2001, del 2002, del 2003, del 2004.

Tra l’altro, cercando qualche informazione su internet, scopro che esistono interi forum che discutono di questo argomento.

Per esempio: (da www.studentistatale.it) A e B

A: fermi tutti.
io non so una parola di tedesco a parte weiss bier.
vado da Cercignani, mi vende dei libri(se non ho capito male x la modica cifra di 60-80 euro)io studio qualche saggio e l'esame si passa?
XXX mi conferma che l'esame di letteratura straniera x lettere si passa cosi?
wowwwwwwwwww

B: no aspetta. non è proprio così.
ok, tu non sai una parola di tedesco a parte weiss bier.
ok, tu vai da Cercignani e ti vende i libri.
e poi stop però!
tu ti presenti (avendo letto mezza pagina di un saggio mentre aspetti che firmi il libretto alle 350 persone prima di te), ti fai firmare il 30 e lode che ti è costato 80 euro e poi torni a casa.
ciao!
ps. ti consiglio di fare questo esame solo se:
hai fretta di laurearti
o sei obbligato da qualcuno a fare l'università e non ne hai alcuna voglia
o ti sei già venduto l'anima al diavolo e perciò non rischi alcun tracollo di coscienza, nè di autostima.

Delle decine di studenti con cui ho parlato, tutti raccontano la stessa storia, nessuno ha stipulato una sorta di contratto di compravendita denaro-merce, tutti hanno ottenuto un voto alto.

A questo punto, dopo tante letture ed interviste, decido di verificare di persona se quello che mi è stato detto è vero o se si tratta di un altro lamento gratuito degli studenti. Arriva il giorno del colloquio. Comunico al docente che vorrei sostenere il suo esame, che sono della facoltà di.., e che mi piacerebbe occuparmi di.., ed in questo lasso di tempo il professore è li che cancella , scrive e si appunta su una copia del curricula d’esame il “mio” programma. Poi mi dice che ha una “proposta”(che non potrei rifiutare) e cioè di ordinare i testi da lui, il quale li potrebbe fare arrivare senza problemi (poi scoprirò dell’esistenza di scatoloni interi di libri sigillati nella biblioteca). Io chiedo: “ma è possibile trovarli in Cuem o da qualche altra parte?”. Il professore risponde che in Cuem dovrei “aspettare” e che tra l’ordine dei libri e il loro arrivo perderei un sacco di tempo, mentre qui a Germanistica potrei ritirarli subito o il venerdì successivo. Nonostante ciò, chiedo di poterli cercare in giro prima di comprarli da lui. Allora il professore, gentilmente, riscrive l’elenco dei libri necessari per l’esame su un post-it e me lo consegna, inserendo il programma concordato nel primo cassetto della sua scrivania. Mi dice di avvisarlo nel caso in cui non dovessi trovare i libri: al massimo ci può pensare lui. Solo quando avrò tutti i testi mi riconsegnerà il foglio del programma concordato, tanto per non incorrere in qualche pasticcio al momento dell’esame.

Continuando la ricerca e parlando con molti studenti che hanno sostenuto questo esame, scopro che esistono due standard di accesso:

  • 6 crediti: 64.00€ per 4 libri;

  • 9 crediti: 84.00€ per 6 libri.

(I testi: Studia Austriaca n°, Studia Theodisca n°, saggi e studi vari, tutti riportanti il codice identificativo isbn 88-7090-xxxx)

Naturalmente senza fattura Naturalmente i libri vengono acquistati dal professore perché è l’unico ad averli e, sostanzialmente, è l’unico a venderli (se escludiamo le poche copie che ci sono in Cuem e i passa mano da studente a studente).

Inoltre, confrontando il numero degli studenti che sostengono un esame di una qualsiasi letteratura (durante l’appello dell’aprile scorso), si palesa un dato eloquente.


Letteratura Inglese 1: Prof. Rossi n°18 studenti …………………………..Prof. Paschetto n°17 studenti …………………………..Prof. Iannaccaro n°21 studenti

Letteratura Francese 1: Prof. Modenesi n°17 studenti

Letteratura Russa 1: Prof. Rossi n°20 studenti

Letteratura Italiana 1: Prof. Cabrini n°51 studenti ………………………....Prof. Spera n°45 studenti …………………………Prof. Mari n°18 studenti …………………………Prof. Milanini n°4 studenti

Letteratura Tedesca 1: Prof. Cercignani n°157 Studenti

(dati del 10 aprile 2007)

Infine, sostando davanti all’ufficio del Professore durante il suo orario di ricevimento, è sempre possibile incrociare numerosi studenti che ne escono con dei libri nuovi di zecca. In questi frangenti ho ascoltato anche degli studenti lamentarsi del fatto che “la Voce” la conoscevano in troppi e che si poteva rischiare di non poter dar più un esame del genere. Incredibile!

Facendo presente che negli ultimi appelli il docente avrà esaminato circa 500 studenti, ci rendiamo conto che le dinamiche legate alla reperibilità del materiale inerente l’esame di Letteratura Tedesca (1 & altri CdL), curato dal prof. Fausto Cercignani, sono a dir poco misteriose dal punto di vista economico e fiscale. Un circolo di denaro di cui non esiste una prova scritta, una fattura, uno scontrino, niente, se non una voce che gira tra i corridoi, tanti studenti che ne parlano, si lamentano (pur essendo carburanti primi del sistema opaco) e incrementano la media.


a cura di Aramis



L'INTERVISTA


“E’ certamente possibile che per tale questione si interessino quelli di striscia o delle iene”. “Siamo in maggioranza iscritti di filosofia. La “soffiata” riguardo questo esame deve essere giunta solo a noi”. Questo è il clima che ci accoglie al ricevimento del prof. Cercignani.

Fra gli studenti, le voci di un esame rapido e indolore circolano, incredibilmente insistenti, anche a pochi passi dallo studio del docente di Letteratura tedesca.

Incontrato nella sua stanza, Fausto Cercignani, vicedirettore del dipartimento di Germanistica, si apre alle nostre domande con cordialità e franchezza.

“Sapevo fin dall’inizio che vendere i libri non fosse una cosa giusta. Tuttavia il mio comportamento nasce dall’esigenza, per gli studenti non frequentanti, di reperire i testi per l’esame in poco tempo.

Avevo già stabilito che alla prima rimostranza avrei terminato con questo sistema, sbagliato ma necessario, e così da ora non venderò più alcun libro. In questo modo, tuttavia, chi vuole sostenere l’esame incontrerà certamente molte difficoltà nel rintracciare i manuali adatti. I volumi normalmente ordinati dalle librerie sono di tiratura nettamente maggiore rispetto ai testi che propongo io per l’esame di letterature tedesca.”

Alla nostra obiezione, verificata, che numerosi testi consigliati dal professore sono effettivamente disponibili presso la libreria universitaria Cuem, Cercignani risponde.

“Si tratta di un episodio fortunato. Gli altri studenti protestano perchè non trovano i libri.”

In ogni caso, il vincolo di emettere regolare ricevuta fiscale esiste per legge.

“Lo so, difatti, come le ho detto, non utilizzerò più questo metodo. Gli studenti si arrangeranno.

Così avrò anche meno lavoro. I miei ricevimenti sono sempre affollatissimi. Il mio spazio di ricevimento potrebbe concludersi in un paio d’ore. Invece, come vedete, sono qui da tutta la mattina.”

Ed in effetti il compito di un docente dovrebbe esaurirsi nell’aiutare lo studente insicuro, risolvendo i suoi dubbi e sciogliendo eventuali quesiti. L’attività di vendita dei testi, né richiesta né consentita ai professori, è riservata alle librerie.

Ma perché, considerata la difficile reperibilità (più che difficile, strana reperibilità: tanti libri disponibili nel suo ufficio, pochi presso le rivendite autorizzate) dei saggi da studiare, e dal momento che dei sei libri venduti per un esame da 9 crediti (al prezzo di 84 euro circa) fanno parte del programma soltanto brani ridotti, non può essere pubblicata una dispensa che raccolga tutti gli scritti in un unico testo?

“Non è fattibile perché questi libri hanno un valore globale e trovano diffusione non solo fra gli studenti. Inoltre, avere un volume completo, rispetto al solito manualetto, è un vantaggio per gli stessi studenti. Comunque, i libri posso essere acquistati anche di seconda mano”.

Appare, tuttavia, singolare che il professore, dopo aver sottolineato le difficoltà nel rintracciare i testi, consigli di recuperare i volumi di seconda mano.

Le dinamiche certamente anomale che caratterizzano la reperibilità e l’acquisto dei tomi, l’alto numero di iscritti ad ogni appello (in antitesi alla scarsa affluenza per gli altri insegnamenti di letteratura straniera), l’impressione generalizzata che la prova sia poco impegnativa e il buon voto assicurato, nutrono la voce e il pensiero di numerosi studenti che ritengono l’esame di letteratura tedesca più che semplice. “Fuffa” per l’appunto.

“L’alto numero di iscritti dipende anche dal fatto che, per il mio esame, non è necessaria la conoscenza della lingua straniera. Se uno studente legge Goethe, perché lo interpreti, non è necessario che parli il tedesco. In generale poi, gli studenti di lettere e filosofia sono più preparati rispetto ai pari di lingue. Hanno un approccio più consono al profilo saggistico della materia”.

Al quesito riguardo chi, concretamente, stampi i libri, Cercignani risponde: “Questo non lo so. Io curo solo la parte scientifica, teorica, dei manuali. Non so chi stampi concretamente i testi.

I libri vengono ritirati e trasportati nel mio ufficio da un camioncino, non quello della Cuem, che arriva a Milano dal luogo in cui i volumi vengono stampati. In ogni caso mi rendo conto che tale sistema possa essere frainteso. Per questo non lo farò più. Si ricreerà tuttavia il vecchio problema della reperibilità dei testi. Se gli studenti mi riferiranno delle difficoltà per trovare i libri io dirò loro di rivolgersi a Vulcano.”

Dopo aver ricordato al docente che l’impossibilità di vendere testi direttamente dal redattore al consumatore, in totale assenza di validi documenti fiscali, non dipende da un articolo del giornale universitario Vulcano ma da una importante legge dello Stato, ci congediamo.

Il professore Cercignani saluta, assicurandoci che abbandonerà definitivamente l’attività di libraio improvvisato. Tutto ciò, con la consueta cordialità.


a cura di Aramis e Gregorio Romeo