15 luglio 2007

UNO E MEZZO


L’acre odore di vernice cominciava a dargli alla testa.
Si passa una mano fra i capelli mentre cerca avidamente di decifrare l’ora dal pendolo della hall. Quarantasei minuti di attesa e nessuno ancora sembra essersi fatto vivo per venire a prenderlo.

Fa stretching con le braccia per poi portarsi il polso destro sotto al naso. Il ticchettio dell’orologio sembra infastidirlo ancora di più dell’odore di vernice.
Si alza dal divanetto della hall e si dirige sbuffando verso la reception. Appoggia il gomito sinistro al bancone e affonda la mano destra nella tasca dei pantaloni.
"Posso esserle d’aiuto?".
"Sì, volevo sapere se è permesso fumare in questa stanza".

L’addetto vorrebbe permettere ai propri muscoli facciali un’espressione contratta e stizzita ma sa bene quanto questo genere di clienti faccia comodo al proprio capo: si limita ad un "no", facendo però notare che l’entrata dell’hotel non è poi così distante.

Sorride e ringrazia, e si dirige verso l’uscita, come uno scolaretto al suono della campana.
Sta per sistemarsi la giacca quando scopre un tiepido inverno. Un insolito nevischio affievolisce l’aria Milanese.
Solo qualche passo per sgranchirmi le gambe.. Mormora, mentre si smarrisce in improbabili elucubrazioni.
Il farraginoso insieme di fumetti, evapora poco a poco dalla sua mente facendo però sempre spazio a nuovi pensieri.

Passa i navigli più volte. A ridosso del canale si rallegra della neve che viene a bussare indistintamente sui chiostri, sui passanti, sui tetti, ma nessuno sembra voler rispondere al tiepido richiamo dell’inverno.

Ride dalla sua strategica posizione: in piedi, vicino all’uscita. Alla sua destra un bambino che gioca con la condensa all’interno del tram a lasciare scritte sul vetro. Sorride e si passa una mano fra i capelli.
Scende ad una fermata a caso, percorre una strada non conosciuta e si ritrova davanti ad un grattacielo.

Non ha freddo. Se ne avesse sarebbe entrato in una qualsiasi caffetteria. Se entra in quell’edifico è per curiosità. Lo fa per l’amore di perdersi. Ormai ha perso un appuntamento importantissimo, ha smarrito il senso dell’orientamento, ha preso un tram senza pagare il biglietto: non resta che farsi cacciare da un edificio. Nessuno sa chi sia e può riprovare l’ebbrezza di sentirsi trattato come un invasore qualunque. Una volta cacciato si sentirà in dovere di tornare ai suoi affari.
Entra.
Nessuno sembra avere voglia di notarlo, tanto meno di richiamarlo per cacciarlo. Sembrano tutti presi nei loro inutili e prolissi scartafazzi.

Il pensiero di essere meno importante di un addobbo natalizio stiracchia un sorriso sul suo volto.

Spalanca la porta che trova al termine delle scale.
Nota un giardino artificiale al centro di questo improbabile terrazzo.

Siede sulla fredda panchina e stiracchia le gambe. Cerca il pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni, ma gli cade maldestramente ai piedi. Con fare distratto abbassa la mano sinistra per setacciare nella finta erba e raccogliere il pacchetto.
Quello che raccoglie però è, inaspettatamente, un libretto.
L’umidità lo stava rovinando ma è ancora leggibile. La prima cosa che lo colpisce è una grafia che sa di antico.
Eva Dolce

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