30 marzo 2007

ADESCAMENTO NEI BAGNI DELLA STATALE

Bagni pubblici come luogo d’incontro e d’adescamento omosessuale da personaggi esterni all’università. Succede presso la sede di via Festa del Perdono, dell’Università Statale di Milano. I bagni sono quelli maschili del terzo piano, attigui al settore aule 432-435.

La notizia ci è giunta all’orecchio attraverso semplici “voci di corridoio”, ma è stato in particolare il racconto di uno studente a confermare la reale presenza di una tresca omosessuale all’interno dell’Ateneo. Lo studente, che in rispetto della sua privacy chiameremo U.B, iscritto a Scienze Storiche, segue abitualmente le lezioni nel settore aule in questione e, come molti di noi, è solito passare l’intervallo nella tromba delle scale per fare quattro chiacchere. Nelle pause tra le lezioni ha iniziato a notare spesso alcuni individui sconosciuti, che descrive: “tra i trenta e i quarant’anni, a volte persone distinte, in giacca e ventiquattrore, altre volte con indosso abiti appariscenti e inequivocabili”. Individui che sostavano in attesa fuori dall’uscio dei servizi igienici.

In più di un’occasione U.B. riferisce di aver visto questi uomini scambiarsi cenni ed ammiccamenti e poi chiudersi nei bagni. Fino a che un bel giorno, mentre si trovava presso gli orinatoi: “un tizio sulla quarantina ha aperto la porta del bagno in cui mi trovavo. La serratura era rotta”. Lo studente racconta che l’uomo lo “fissava insistentemente”, senza dire una parola, e che lo ha poi seguito presso i lavabi e nella tromba delle scale; “Mi girava attorno continuando a guardarmi e ad ammiccare con gli occhi, facendo cenni con la testa”, racconta U.B. Infastidito da questi espliciti atteggiamenti, ha perciò scritto una lettera indirizzata al nostro Rettore, per denunciare l’accaduto e avvisare l’università di ciò che accadeva all’interno dell’istituto. Ma la sua lettera è rimasta ignorata.

Venuti a conoscenza di questi fatti, abbiamo iniziato ad indagare. Ci siamo recati al terzo piano, per ispezionare i bagni descritti dallo studente, armati di macchina fotografica. Appena superato il settore aule abbiamo incrociato un uomo tra i trenta e i quarant’anni, che vestiva un giubbotto di pelle rossa e bandana, e che sostava davanti ai servizi igienici, dove già l’avevo incrociato qualche ora prima, quando mi ero recato a controllare le informazioni forniteci da U.B.

Varcata la soglia del bagno sulla quale è infisso il numero 436, basta oltrepassare un uscio di legno a battenti, per accedere agli orinatoi. Due delle tre serrature sono rotte, confermando il racconto di U.B, e le porte, come i muri interni degli orinatoi, sono ricoperte di graffiti osceni. La maggior parte di essi contiene espliciti messaggi sessuali, spesso accompagnati da numeri di telefono. Sebbene sia ormai consuetudine vedere in ogni bagno pubblico insulti, firme e graffiti vari, nel bagno 436 si trovano quasi esclusivamente annunci hard di uomini che cercano altri uomini, o promettono mirabolanti acrobazie sessuali agli studenti universitari. La stessa grafia è riconoscibile più volte, in più bagni all’interno dell’istituto. Sulle pareti e sulle porte ci sono addirittura lunghi dialoghi a sfondo omosessuale. Mentre ci troviamo sul luogo per scattare fotografie, un altro individuo sulla quarantina, piomba nel bagno e ci osserva stupito vedendoci intenti a ritrarre i graffiti, per poi defilarsi senza dire una parola.

Per raccogliere altre informazioni abbiamo cominciato a fare domande. Sebbene molti studenti che frequentano i corsi in quel settore dicano di non aver notato nulla, altri ci hanno invece confermato di vedere spesso facce estranee nei dintorni del bagno: uomini adulti, a quanto sembra esterni all’università. “Soprattutto il lunedì e il martedì ci sono sempre movimenti strani, anche nell’altro bagno” dice uno studente; “Io vedo spesso dei tizi qui nel pianerottolo, stanno lì e aspettano, ti fissano.” riferisce un altro. Altri studenti confermano le generali voci di corridoio denunciando la costante presenza di un individuo “ben vestito e curato” che attende per ore all’interno dei servizi igienici. Un altro studente, Marco, racconta di “un uomo basso, sulla quarantina, bandana e giubbotto di pelle rossa, l’ho incrociato spesso nei bagni. Un giorno mi ha fermato per strada, in corso Vittorio Emanuele e ha tentato un approccio esplicito con me”.

La tesi che il bagno 436 sia usato come luogo d’incontro e d’adescamento da omosessuali esterni all’università è anche avvalorata dalle parole del custode del piano, che dichiara di vedere, ad ogni turno, individui che definisce “gay” e “per nulla appartenenti a organismi universitari” sostare ore e ore dentro i bagni. Dice anche di averli mandati via più volte, e che “nei bagni del quarto piano la situazione è la stessa”.


Giacomo Berdini - foto di Marco Bettoni

19 marzo 2007

INTERVISTA A RENZO MARTINELLI

Tarda mattinata di un giorno grigio di gennaio. Incontriamo il regista Renzo Martinelli presso gli studi dove sta lavorando al montaggio del suo prossimo film. E’ l’occasione per rivolgergli qualche domanda sul senso del suo cinema e sui retroscena dei suoi film.


Innanzitutto, da dove nasce in lei la passione per il cinema? Cosa l’ha portata a fare il regista?
È una passione che ha radici molto profonde; da ragazzo ero affascinato più che altro come spettatore, poi è nata in me la volontà di farne una professione. Dopo l’università ho frequentato un master in cinematografia alla Cattolica di Milano e poi, con una mia casa di produzione, ho cominciato a fare i primi lavori; cortometraggi, inchieste televisive. Da lì sono passato ai video clip, agli spot pubblicitari, sempre con l’ambizione di fare cinema. Poco alla volta sono arrivato al grande schermo.


Come sceglie i soggetti dei suoi film? Si è mai ispirato a romanzi o racconti?
Il tipo di cinema che faccio può essere definito “d’impegno civile”; io ritengo che la cinematografia abbia, quando ci riesce, una potentissima funzione maieutica, ovvero la capacità di far riflettere lo spettatore. Questo tipo di cinema ti costringe a lavorare su fatti reali o verità rimosse. Questo mi ha portato a trattare temi che riguardano più la storia del nostro paese che non altri argomenti legati a romanzi o racconti. È nel mio dna; io non riesco a lavorare su progetti che non abbiano dentro di sé una qualche funzione etica.


Abbiamo notato una discordanza tra l’opinione della critica e gli incassi dei suoi film da una parte e l’effettivo gradimento del pubblico dall’altra. I suoi film sono tra i più scaricati dalla rete e hanno riscosso molto successo nonostante gli incassi nelle sale siano stati contenuti. Affrontare argomenti spinosi può penalizzare il film?
I temi affrontati spesso provocano una sorta di dicotomia: o pro o contro. Anche il modo di girare, che è molto spettacolare, molto “americano” e poco italiano comporta un certo rifiuto, a volte aprioristico. I critici entrano in sala sapendo che scriveranno male del film, ma fa parte del gioco, non mi scandalizzo più di tanto. Se fai un film sul caso Moro o, come sto tentando di fare, sulla morte di Mussolini, o su Ustica e Bologna, vai a toccare argomenti che in questo paese sono pericolosi¸ che mettono in moto meccanismi di autodifesa e di repulsione.

Sono inoltre film che io chiamo “di terza scelta”. Lo spettatore va prima a vedere Tom Cruise, poi Apocalypto, poi Il mercante di pietre. Ma quando si decide ad andare a vedere il film è tardi, l’hanno già tolto. Se la distribuzione non dà al film una vita fisiologica lunga, il film è condannato.

Poi viene scaricato da internet, in dvd l’abbiamo venduto in tutto il mondo, perché l’interesse c’è; è la vita fisiologica ad essere troppo breve.


A proposito dello stile più “americano” che italiano, come ha sviluppato questo modo di girare? Ha avuto qualche maestro o qualche grande regista che l’ha ispirata?
Diciamo che sono due le direttrici; una è quella del mio background di pubblicitario. Io ho fatto quindici anni di pubblicità, avendo sperimentato tutte le tecniche possibili ho acquisito un know-how su questo particolare modo di girare che altri miei colleghi non hanno. La seconda direttrice è di carattere invece etico; il film non è un fatto artistico, ma industriale. Facendo film con contenuti così complessi, bisogna dargli una veste spettacolare, altrimenti la difficoltà è doppia. Il riferimento potrebbe essere Oliver Stone, un autore che ha saputo affrontare temi forti usando un linguaggio cinematografico molto spettacolare.


Il suo ultimo film, Il mercante di pietre, ha suscitato parecchie discussioni per la maniera in cui affronta il tema del rapporto con il mondo islamico. Il protagonista del film ad un certo punto scrive che “il nostro compito è liberare gli islamici dall’Islam”. Lei condivide quest’affermazione?
È una citazione di uno storico francese, Ernest Renan, che nell’800 è stato uno dei primi ad approfondire la conoscenza dell’Islam e a rendersi conto della sua pericolosità. La convinzione che il Corano sia increato, che ciò che vi è scritto sia la verità assoluta, discesa direttamente da Dio su Maometto, ha impedito qualsiasi tipo di apertura verso l’esterno. Questa è la vera condanna dell’Islam; l’incapacità di uscire da questo guscio culturale che ha pretese di unicità e di universalità assoluta.


Crede che esista anche un Islam moderato con cui è possibile dialogare?
Sicuramente una delle vie è il dialogo con la parte moderata del mondo musulmano.

Ma se la corrente estremista wahhabita diventa sempre più forte, l’ala moderata sarà perdente.

Quando avvengono gli attentati, perché il mondo musulmano moderato, italiano ed europeo, non condanna apertamente, non manifesta? È evidente che la corrente fondamentalista riesce a dominare la cultura musulmana, e l’occidente su questo sta peccando molto di miopia. Il tutto è peggiorato da un abbandono da parte nostra dell’identità cristiana. L’uomo ha rifiutato Dio, non in favore di altri dei, come è sempre accaduto, ma in favore di nessun Dio; non abbiamo più identità.


Quindi secondo lei per arginare il fondamentalismo islamico è necessario recuperare l’identità cristiana? O è possibile affrontarlo anche attraverso uno spirito laico?
Deve avvenire il recupero della nostra identità, dei valori fondanti della nostra civiltà, come la sacralità della vita, la parità dei sessi, la libertà di espressione e di culto. Senza questa presa di coscienza della nostra identità cristiana, come possiamo fronteggiare una cultura così forte?

Alla lunga queste dinamiche sono destinate a giungere a saturazione; prima o poi la storia presenta il conto.


Lei sta già lavorando al montaggio di un nuovo lungometraggio riguardante Primo Carnera. Come mai la scelta di parlare di questo personaggio? Vorrebbe darci qualche anticipazione?
Spesso accade che è il film a scegliere il regista e non il contrario; questo è un progetto nato così. Ho girato due film in Friuli, ho visitato i luoghi in cui ha vissuto Carnera, ho conosciuto i suoi figli; inevitabilmente mi hanno proposto di fare un film su di lui. Carnera è un film di valori, non un altro film sulla boxe; è un film su un uomo, che aveva fortemente radicati dentro di sé alcuni valori e li ha difesi sino alla fine. Questa è la storia che cerchiamo di raccontare.


Ad uno studente universitario cosa direbbe per incoraggiarlo a vedere i suoi film?
Penso che i giovani sentano istintivamente quando la verità è stata rimossa o mascherata. La verità non è un monolite con una faccia, ma un prisma con mille facce; il tentativo e l’ambizione dei miei film è di girare questo prisma, di far capire che ci sono delle sfaccettature nelle verità storiche. La voglia di verità è ciò che dovrebbe spingere un giovane universitario a vedere i miei film.


A cura di Giacomo Berdini e Francesco Zurlo



Chi è Renzo Martinelli?

Renzo Martinelli è laureato in Lingue e Letterature Straniere, e specializzato in cinematografia alla Scuola Superiore di Comunicazioni Sociali dell’Università Cattolica di Milano. Negli anni ’70 fonda una casa di produzione, la Martinelli Film, con la quale realizza numerosi videoclip musicali, spot pubblicitari, documentari ed anche inchieste per conto della Rai. L’esordio nel cinema è nel 1993 con Sarahsarà storia di una ragazzina di colore portatrice di handicap che, sconfiggendo razzismo e pregiudizi, ottiene un grande traguardo sportivo. Nel 1997 è la volte di Porzus - film che rievoca un episodio di lotta intestina all’interno della Resistenza - il quale, presentato a Venezia, suscita grandi dibattiti e polemiche. Seguono Vajont e Piazza delle Cinque Lune, ricostruzioni di due dei pìù drammatici episodi della storia italiana recente (rispettivamente il crollo della diga del Vajont e l’omicidio Moro), dove si precisa maggiormente il gusto del regista per un cinema che unisca impegno civile ed impatto spettacolare. Nel 2006 esce Il Mercante di Pietre, opera che per le sue posizioni decisamente poco politically correct sulla questione del rapporto con il mondo islamico, suscita nuovamente accese polemiche.

15 marzo 2007

IL TESTAMENTO BIOLOGICO

Negli ultimi due anni circa si è cominciato a parlare più frequentemente -anche se purtroppo a fasi alterne- di testamento biologico ed eutanasia. Nel marzo del 2005 l’ex ministro Umberto Veronesi ha suscitato scalpore per aver dichiarato pubblicamente che intendeva battersi per l’affermazione in Italia del testamento biologico. Il testamento biologico ha già valore legale in alcuni paesi ed è una forma di limitazione della legittimazione dei trattamenti sanitari o per meglio dire, il rifiuto all’accanimento terapeutico. La Fondazione Veronesi, e i giuristi che ne fanno parte, si erano offerti di fare da garanti delle volontà di coloro che, nel pieno delle proprie facoltà mentali, avesse voluto sottoscrivere un documento in cui veniva chiaramente espressa la scelta in caso di un eventuale accanimento terapeutico. Da allora ben poco è cambiato e a tutt’oggi non esiste una legislazione specifica in materia. Un piccolo passo si è fatto però quando nell’aprile del 2006 il Consiglio Nazionale Forense espresse parere favorevole alla redazione del testamento biologico in forma di scrittura privata raccolta –a titolo gratuito- dall’avvocato, dal notaio, dal medico o dal mandatario, anziché effettuato per atto di notaio. Dal canto loro anche i notai attraverso il Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato negli ultimi mesi del 2006 hanno dichiarato di essere disponibili a raccogliere i testamenti biologici autenticando la firma del depositante e iscrivendo le disposizioni anticipate nel registro generale del Notariato al quale per via telematica sono collegati oltre 5000 professionisti d’Italia.

Ma il “problema” del testamento biologico non è di facile risoluzione né di facile discussione, non soltanto per i suoi aspetti legali ma anche per gli aspetti etici che lo riguardano. I sostenitori dell’ istituzione di un registro dei testamenti biologici, e chi vi scrive lo è, prendono come riferimento giuridico il principio di autodeterminazione e l’autonomia individuale. I contrari invece affermano la sacralità e l’inviolabilità della vita (ossia Dio dà la vita e Dio la toglie). Ma allora cosi facendo si verrebbe in contrasto con il concetto di laicità dello Stato: infatti chi dice che tutti i cittadini appartenenti ad uno stato abbraccino tutti la stessa fede religiosa? E’ giusto quindi porre limiti a tutti indiscriminatamente? Perchè una persona non potrebbe, nel pieno delle proprie facoltà mentali, decidere anticipatamente di non volere un accanimento terapeutico in caso di grave infermità fisico-psichica? E’ anche altrettanto vero che non tutti i medici potrebbero essere d’accordo, ma in questo caso non potrebbe esserci una distinzione tra chi lo è e chi non lo è come è stato negli anni passati nel caso degli antiabortisti?

Molti confondono gli argomenti riguardanti il testamento biologico e l’eutanasia, quindi è bene fare una netta distinzione tra loro. Mentre la prima è la decisione presa anticipatamente dall’eventuale futuro malato di non voler proseguire la propria vita senza quel minimum di dignità personale, l’eutanasia è la decisione cosciente e presa sul momento di un malato che ha deciso di porre fine alla propria esistenza a causa di sofferenze insopportabili o per gravi menomazioni fisiche. Ovviamente bisognerebbe prendere in esame i vari possibili casi che potrebbero presentarsi e non fare di tutta l’erba un fascio. In tal proposito Paolo Cendon (docente all’Università di Trieste) ha illustrato una possibile suddivisione dei casi che ritengo un interessante punto di partenza:

E la distinzione più congrua, in linea di principio, sembra essere allora quella fra tre ambiti possibili:
[a] area del morente che soffra atroci dolori fisici, non fronteggiabili né attenuabili in alcun modo - comunque non quanto occorrerebbe, o non abbastanza risolutamente e stabilmente; in ogni caso, non nel rispetto di un minimum di decenza esistenziale, antropologica;
[b] area del morente le cui propensioni autolesive appaiano mosse da fattori eminentemente mistico/ideologici; la persona in difficoltà non prova – questa volta - dolori somatici degni di nota, non soffre in tutti i casi oltre misura; per ragioni più o meno “elette” (di tipo filosofico, religioso, politico, etico, culturale, etc.) desidera però venga ugualmente posta fine alla sua vita;
[c] area del morente il quale, pur non accusando seri dolori al corpo, versi tuttavia in condizioni di grave degrado fisico-psichico: deformazioni, sudditanze crescenti, piccole e grandi vergogne, disfacimenti in vita, umiliazioni senza sosta: la giornata come un calvario incessante, sempre meno dignitoso e sopportabile.
Ecco allora le direttrici da seguire. Non già la ricerca di un pacchetto disciplinare a senso unico, fisso e immutabile per qualsiasi cliente. Diverse fra loro - secondo che a presentarsi sia l’uno oppure l’altro, dei crinali indicati - dovranno essere le ipotesi statutarie cui far capo, riguardo ai singoli infermi, di fronte a una domanda di morte anticipata
”.
L’argomento è vasto e sicuramente necessita un approfondimento serio ma non può di certo essere ignorato o continuamente rimandato solo perchè delicato.

Chi volesse approfondire la materia, consigliamo la lettura degli articoli redatti da Paolo Cendon e liberamente consultabili sul sito www.infoleges.it o la lettura del libro “Verso il testamento biologico – Profili di diritto e bioetica nella direttive anticipate di trattamento” uscito nelle librerie nel novembre 2006 ma anche gratuitamente scaricabile dal sito della Fondazione Veronesi - www.fondazioneveronesi.it -. Sul sito della Fondazione è inoltre disponibile un modulo per il testamento biologico. Sia ben chiaro però che secondo la legislazione attualmente vigente in Italia, le dichiarazioni non saranno vincolanti sotto il profilo giuridico per il medico, ma nel caso fossero disattese obbligheranno il curante a renderne conto al fiduciario ovvero alla persona indicata nel documento quale garante dell’attuazione delle volontà.

Antonino Marsala

MESSAGGI SUBLIMINALI: CI CONDIZIONANO O SONO SOLO UNA LEGGENDA METROPLITANA?

Una donna in topless, affacciata ad un balcone, assiste alle peripezie di Bianca e Bernie.
Il sacerdote della Sirenetta, un piccoletto con la tunica lunga, celebra le nozze fra il principe Eric e la perfida Ursula visibilmente eccitato.
Con un gioco di luce e ombra nei cubetti di ghiaccio di un bicchiere pieno di coca-cola si nota la scritta “sex”.
Stiamo parlando di messaggi subliminali, ovvero, stimoli visivi o sonori troppo deboli per essere percepiti e riconosciuti perché passano al di sotto della soglia percettiva della nostra coscienza (sublimen, dal latino, significa appunto sotto soglia).
In breve, percepiamo stimoli di cui non siamo consapevoli.
E’ doveroso dire che se da una parte troviamo sufficienti prove scientifiche a sostegno della capacità di percepire stimoli subliminali, dall’altra non è ancora stato dimostrato l’effettivo potere persuasivo di questi.
Alcuni esperti, infatti, sostengono che i messaggi sublimali possano esercitare qualche influenza sui processi psichici o sul comportamento, altri invece sono dell’idea che questi messaggi nascosti non hanno alcuna efficacia.
E’ un dibattito che dura da molti anni, esattamente a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, in seguito all’esperimento del pubblicitario James Vicari. Questo intraprendente signore sottopose per sei settimane il pubblico ignaro di un cinema del New Jersey a delle proiezioni subliminali che contenevano i messaggi “Eat Popcorn” e “Drink Coke”. La cronaca riporta che le vendite di popcorn aumentarono del 58%, mentre quelle di coca-cola salirono del 18%.
Ma chi contribuì davvero a dare larga diffusione alla credenza circa l’efficacia persuasiva della comunicazione subliminale fu Wilson Brian Key, che, agli inizi del 1970, pubblicò una serie di libri in cui metteva in guardia i lettori dalle manipolazioni subliminali. Segnalava la presenza di messaggi subliminali in tv, al cinema e nei testi delle canzoni rock, e riuscì ad individuare la parola “sex” ovunque, dalla pubblicità ai cartoni animati. L’accusa, che aveva come principale obiettivo quello di danneggiare i pubblicitari e il loro mondo,contribuì invece ad arricchirli e ci fu decisivo aumento delle trovate commerciali. Una delle più redditizie fu l’introduzione sul mercato di cassette subliminali audio e video con ogni tipo di finalità: cassette che aiutavano a smettere di fumare o a perdere peso, aumentare l’autostima o a ridurre lo stress, o ancora, cassette per migliorare le relazioni interpersonali e il rendimento scolastico o per potenziare le proprie capacità sessuali e così via.
Fu un mercato da milioni e milioni di dollari, che forse ancora oggi trova degli strascichi.
Ma qual è il reale scopo dei messaggi subliminali? Sono creati realmente per manipolare le nostre menti, oppure sono solo un giochetto “sadico” che si divertono a fare i pubblicitari a mero scopo commerciale?
A dare una risposta al quesito ci prova il Centro Culturale San Giorgio (www.ccsg.it) che definisce i messaggi subliminali “mezzi di propaganda, a disposizione del regime, per cercare di condizionare il modo di pensare delle masse ad esso sottoposte” e afferma che “gli obiettivi si possono riassumere in 4 tipologie: diffondere il consumo di droga, ridurre il più possibile le nascite, allontanare dalla religione e distruggere il senso del bene comune”.
Questo sito assume decisamente una posizione a sfavore dell’informazione occulta e sostiene la sua tesi contraria attraverso un vasto catalogo di immagini, file audio, interviste e anche attraverso un forum dove si possono leggere opinioni e testimonianze.
Quello che però colpisce subito il visitatore è, forse, la sacralità un po’ troppo ostentata: dai sacerdoti animati, alla scritta scorrevole a piè di pagina che elogia Dio e la Verità fino alle preghiere antisataniche.
Non è nostro compito dire se in queste pagine web ci sia scritta la verità oppure no ma sicuramente questa dicotomia sacro-profano risulta un po’ ovvia.


Melissa Ceccon

11 marzo 2007

INTERVISTA AD ANDREA FRAZZETTA

Nasce a Lecce, si laurea in architettura a Milano, ma subito posa la matita e va a fotografare l’Africa e l’America del Sud. Andrea Frazzetta ha 29 anni ed è stato insignito del Premio Canon 2006 – riconoscimento di prestigio per giovani talenti - per il miglior progetto fotografico. Rappresentato in Italia e all’estero dall’agenzia Grazia Neri, ha esposto il proprio lavoro su riviste come D di Repubblica, Internazionale, Domus, Financial Times, Courrier International. Nell’ultima mostra, allestita recentemente a Milano, Frazzetta con le sue foto ha raccontato la vita quotidiana del Congo mettendo in luce le prospettive di cambiamento del paese, come gli scatti che documentano l’attività di Radio Okapi, un’emittente libera a grande diffusione. Ma prima del fotoreportage c’era uno architetto.

In che modo lo studio dell’architettura ha influenzato la tua fotografia?
Quello dell’architetto che progetta è un lavoro affine al mestiere del fotoreporter che costruisce una storia. Inoltre io studiavo progettazione architettonica e ciò ha avuto influenza nello studio sulla composizione degli spazi. Trovo interessante usare le regole grafiche per sfruttare il gioco di superfici. Un vezzo geometrico può servire a sottolineare il contenuto.

Perché fotografare il Congo?
Perché ti mette alla prova. È difficilissimo lavorare lì. Non si può fotografare in strada, per ogni cosa ci sono trafile particolari. Sono passato per cinque controlli in aeroporto. Funziona così: tu inizi a contare le banconote, quando l’addetto comincia a chiudere la borsa vuol dire che hai raggiunto la quantità di soldi necessari.
Finora hai lavorato soprattutto in Sudamerica e Sudafrica, perché scegli paesi che tra le caratteristiche principali hanno la povertà della popolazione? Vorrei tanto fotografare Islanda e Norvegia; il problema è che in Perù ci vado con 1500 euro, a Oslo non mi basterebbero neanche per una settimana. E poi, in questi paesi del sud, sei agevolato dalla presenza delle Organizzazioni non governative alle quali ti puoi affiancare. Ma è tra i miei desideri andare anche nei paesi nordici.

Tu hai affermato che davanti a una foto vai subito a guardare i bordi. Che succede attorno a una foto?
Spesso quello che conta nella fotografia è ciò che viene escluso. Mi piacciono le foto che ti lasciano insoddisfatto. La foto funziona quando la storia non muore lì, ti fa venir voglia di sapere che c’era attorno. Le foto che mi piacciono di più sono quelle dove si sente l’esclusione di qualcosa, ad esempio in una foto che ho scattato in Congo. Ho immortalato delle donne di una setta che, in rapimento estatico, pregano. Ciò che non si vede nella fotografia è che tutt’attorno stava succedendo un putiferio.

Foto in bianco e nero o a colori?
Le agenzie selezionano fotografi che lavorano a colori. A me piace di più il colore. Quando a Luigi Ghirri chiedevano perché fotografasse a colori lui rispondeva: «Perché vedo a colori». La foto in bianco e in nero sembra più accattivante perché fa vedere la realtà come non è. È come fare silenzio attorno.

Il tuo fotografo preferito?
Paolo Pellegrin è un mostro. Mi piace per la capacità e il linguaggio che usa. Lui è un esempio di dedizione e volontà che ora ha trovato il giusto scenario.

Libro di foto da regalare?
The Americans di Robert Frank. Bellissimo.

Professionisti o dilettanti, oggi tutti fotografano. Ma si possono chiamare fotografi?
Non ho nessun preconcetto nei confronti della democratizzazione dell’uso della foto. Se uno ha urgenza di dire qualcosa se ne deve infischiare delle regole scolastiche. A volte il nodo della tecnica nasconde la mancanza d’idee. La tecnica è solo uno strumento. Ci sono artisti che fanno foto sbagliate, ma il messaggio che devono comunicare è talmente urgente che vanno comunque benissimo.
Sangue, guerra, immagini cruente, quanto sono necessari al lavoro di un fotografo? Io, appassionato di Calvino, seguo, per comunicare, l’ideale di “leggerezza”. Sono infastidito da foto cruente. Non ho mai fatto reportage di guerra e non voglio fare un lavoro dove sia necessaria una guerra. Werner Bischof è riuscito a comunicare la drammaticità della guerra fotografando il corpo di un militare coperto da un velo, avendo il pudore di non andare a scoprirlo. La differenza è fra uno che semplifica, e uno che ci mette rispetto e poesia.

a cura di Diana Garrisi

INTERVISTA AD EVELINE

EVeLine, eclettica poetessa, ideatrice del Critical Mass Letterario, organizzatrice di serate di lettura, scrive le sue poesie su degli enormi A0 e li attacca in giro per la cittá.
eVeLine é in realtá molto piu` che una poetessa, abbiamo scoperto infatti la sua personalitá multipla attraverso le sue stesse parole.


eVeLine, molti di noi hanno letto tue poesie stampate su degli enormi poster ed attaccate sui muri della nostra grigia cittá, ma eVeLine é qualcosa di piu`, spiegami per favore.

EVeLine altro non é che un nome collettivo, un passamontagna letterario per esprimersi senza cadere nel solito egocentrismo artistico.Eveline é creare per il gusto di farlo. É quindi, allo stato attuale un mezzo a disposizione di chi ne abbia bisogno.

Ma quindi, chiunque puo` scrivere qualsiasi cosa e firmarsi eVeLine ?

Certamente! É proprio questo il punto, eVeLine é una firma collettiva non un collettivo.

E se volessi io stesso essere eVeLine come potrei fare ?

Per essere eVeLine puoi:

a) Partecipare alle serate di lettura che si tengono, ogni domenica al
Frida Caffé, in via Pollaiuolo 3 alle ore 21, occupare la sedia del lettore e
leggere qualcosa. Qualcosa che hai letto, qualcosa che hai scritto, qualcosa che ti ha colpito o anche qualcosa che non hai mai letto.

b) Appiccicare cartelloni, lasciare messaggi in bottiglia, arrotolare fogliettini, origami o qualsiasi stratagemma che possa venire in mente,firmarsi eveline, fotografare la propria opera e spedirla al sito www.eveline.milano.it entrando nella sezione "scrivi" e scegliendo comedestinazione "sui nostri muri"

Ho letto su tutti i principali quotidiani della Critical Mass Letteraria, potresti spiegarci cos’é?

La CML nasce dalla fusione di due eventi distinti, il Critical Mass (l’ormai famoso raduno settimanale di ciclisti che invade le strade) e la serata di letture di eveline.
La CML, che si svolge ogni penultima domenica del mese con ritrovo in Piazza Mercanti alle ore 16, prevede una serie di letture itineranti. I partecipanti, dotati esclusivamente di sgabellino e libro, si riprendono la cittá leggendo per le sue strade.

E se invece volessi organizzare qualcosa insieme a chi solitamente si firma eVeLine o semplicemente entrare in contatto con chi lo fa?

Chiunque abbia voglia di far proposte per organizzare assieme a tutti coloro che sono eveline puo` scrivere al guestbook del sito, scrivermi una mail o semplicemente occupare la sedia del lettore.

a cura di Davide del Vecchio

9 marzo 2007

QUOTA 88

Ebbene sì amici, grazie al prode Marco Froll…ops intendevo Follini, che dopo essersi distaccato dall’Udc ha creato un nuovo partito dal tolkieniano nome di “Italia di mezzo” ( i fan della saga fantasy stanno già formando una solida base d’appoggio al movimento), il totale dei partiti italiani è salito alla magica quota di 88, numero importantissimo per i nostri cari amici nazifascisti (per chi non lo sapesse l’ottava lettera dell’alfabeto è l’H, dunque 88=HH=Heil Hitler, ne sanno una più del diavolo, quindi guardatevi da strane felpe che ci sono in giro). Ritenendomi quantomeno interessato alla vita politica del nostro paese, mi sono accorto che anche sforzandomi mi tornavano alla memoria al massimo una trentina di partiti e partitucoli, e ho pensato che poteva essere dunque interessante fare una piccola selezione di quello che è la politica al di fuori dei grandi partiti che noi tutti conosciamo.

Ecco dunque, presentata come neanche Maurizio Seimandi poteva fare (mi scuso d’aver rubato un mitico personaggio anni ’80 a Fabrizio Aurilia) la Superclassifica dei partiti minori Italiani!


Al 10° posto troviamo ALLEANZA MONARCHICA! Scopo di questo partito, ovviamente, è la restaurazione della monarchia in Italia, sotto l’egida del buon Vittorio Emanuele di Savoia: a pensarci bene forse non sarebbe neanche troppo male. Bordelli e cocaina legalizzati, e i Sardi finalmente avrebbero la loro tanto amata indipendenza, che ci “stanno sui coglioni e puzzano pure”, per dirla col nostro integerrimo sovrano.


Al 9° posto sale di posizione ITALIA DI NUOVO! Fondato dall’ex presidente della Croce Rossa Maurizio Scelli, criticato aspramente da attivisti del CRI per questa scelta, trattasi di un partito dichiaratamente centrista, in realtà molto vicino all’idea politica di FI (tant’è che alla conferenza di battesimo del movimento interviene lo stesso Berlusconi). Infatti dal sito leggiamo: “Italia di Nuovo è un movimento politico molto giovane che si propone come valida alternativa in un sistema partitico consumato…” e “Italia di Nuovo sceglie di non allearsi né con la destra, né con la sinistra, costituendo un terzo polo”; salvo poi scoprire che si è alleato con la CdL alle amministrative di Maggio 2006. Sapete, superare la soglia del 4% è dura eh?


All’8° posto, il MOVIMENTO FASCISMO E LIBERTA’! Motivo principale della sua ribalta agli onori della cronaca è il fatto che è l’unico partito italiano a proclamarsi dichiaratamente fascista, in barba ai reati di apologia del fascismo (legge Scelba) e ricostituzione del partito fascista. Inoltre hanno uno statuto che è un capolavoro di revival del linguaggio dei cinegiornali del Ventennio.


Al 7° posto, la lista NO EURO! Scopo del partito è…eliminare l’euro. Punto.


Al 6° posto scende di qualche posizione, ma è sempre stabile nella Top Ten, il PARTITO MARXISTA-LENINISTA! Costoro, esponenti del comunismo ortodosso ispirato ai “5 maestri” (Lenin, Mao, Marx, Engels e soprattutto Stalin), rivendicano per loro la verità unica e assoluta sulla dottrina socialista definendo “trotzkisti” tutti i partiti comunisti governativi. Dopo aver aspramente criticato il governo Berlusconi, ora criticano anche il governo Prodi da sinistra con diversi documenti tra cui il mio preferito intitola “Lottiamo contro il governo Prodi della “Sinistra” borghese per l’Italia unita, rossa e socialista”.


Al 5° posto… CIOCIARIA XXI ^ REGIONE! Non ho trovato molte informazioni su questo partito, ma presumo chieda l’elevazione del territorio ciociaro al rango di regione autonoma: chiedo lumi.


Ci avviciniamo al podio, 4° posto, S.O.S ITALIA! Dallo statuto: “
S.O.S. Italia è un movimento spontaneo di cittadini ispirati da sentimenti di libertà e di rispetto”, libertà e rispetto che a parere loro si articolano nei seguenti obiettivi “affermazione dei valori della tradizione e delle radici cristiano cattoliche proprie della comunità dei cittadini occidentali ed in particolare dei cittadini italiani.”, e poi “blocco della islamizzazione dell’Italia delle sue regioni e dei suoi comuni”, “blocco totale dell’immigrazione clandestina e di ogni possibile forma di invasione extracomunitaria del nostro Paese”, e infine “riaffermazione del principio di priorità di intervento in favore dei cittadini italiani rispetto ad ogni tipo di assistenza economica diretta e indiretta deliberata in favore di cittadini non appartenenti all’Unione Europea.” Sei tedesco? Wunderbar! Sei il benvenuto fra noi, cittadini uguali del mondo! Albanese? Fila nei ghetti, pezzente!


Siamo giunti al podio, medaglia di bronzo a… M.I.L, MOVIMENTO INDIPENDENTISTA LIGURE! Finalità del movimento è recuperare (cito dallo Statuto, redatto peraltro molto professionalmente in Comic Sans MS di Word) “per conto dell’attuale Popolazione Ligure… con azioni politiche e giuridiche la Sovranità di Nazione Indipendente perduta temporaneamente nel 1814 a causa dell'illegittima decisione assunta dal Congresso di Vienna (1814-15) mai ratificata da un plebiscito popolare”. Non abbisogna di un commento.



Medaglia d’argento a… i VERDI VERDI! Di questi potreste ricordare il simbolo, presente alle scorse elezioni comunali, quello con l’orsetto su sfondo blu e la scritta “L’AMBIENTA-LISTA”. Trattasi di un partito ecologista, fondato dal professore di ginnastica Maurizio Lupi, sulla scia dei Verdi, di cui però non condivide la posizione vicina alla sinistra radicale (e perciò si è alleato con Berlusconi, maggiore industriale d’Italia). Un’ultima curiosità: alle ultime elezione avrebbero voluto presentarsi con un simbolo praticamente identico a quello dei Verdi, tanto da indurre la Corte di Cassazione a escluderlo, per cui adottarono il simbolo descritto poco fa. Qualcuno ha detto civetta?


E infine…rullo di tamburi...
medaglia d’oro, the winner is… la LEGA MASCHIO!!! Il partito, fondato dall’illustrissimo Salvatore Marino, crede nella “riqualificazione della figura del maschio a tutela dei suoi diritti contro L’ABUSO DI POTERE da parte del Nazi-femminismo e dei promotori e promotrici dell’omosessualità maschile”. Marino si è candidato con la Destra Nazionale alle ultime elezioni regionali in Abruzzo con lo slogan “Votalo! Perché lui ha le palle!”. In una serie di veri e propri deliri machisti la homepage del suo sito si conclude con queste illuminanti parole:

“S.O.S. L’ITALIA E’ SOTTO LA DITTATURA COMUNISTA, FEMMINISTA ANTI-CRISTIANA. IL POTERE ALLE DONNE HA DATO IL POTERE A SATANA IL QUALE REGNA SOVRANO NEL MONDO. CHIUNQUE APPOGGIA E PROMUOVE IL FASCISMO “ROSA” ED IL POTERE FEMMINISTA, PROMUOVE E LAVORA PER IL REGNO DI SATANA, STRINGENDO UN’ALLEANZA MALEDETTA SENZA RITORNO POICHE’ E’ ABOMINIO CONTRO DIO. E’ ORA DI SCHIERAMENTI E DI UN NUOVO ORDINE SACRO. COMBATTIAMO NOI CREDENTI DI TUTTO IL MONDO, QUESTO POTERE DELLE FEMMINISTE, LESBICHE E DITTATRICI. DIFENDIAMO LA DEMOCRAZIA E LOTTIAMO PER IL REGNO DI DIO.

I POPOLI DI DIO UNITI CONTRO IL POPOLO UNICO DI SATANA: IL FEMMINISMO OMOSESSUALE MONDIALE.”


Se avete altri partiti da segnalare, non esitate a contattarci: non è esclusa una seconda parte quando arriveremo a quota 100!


Davide Bonacina


7 marzo 2007

NON SI ESCE VIVI DAGLI ANNI '80 N°7

L’ultima volta che ci siamo visti, intendo che avete letto questa rubrica, era Natale. Vi immagino seduti sulla poltrona, con il golf nuovo già sporco di zucchero a velo del pandoro, mentre leggete la rubrica del vostro affezionatissimo. Mi dicono sia un ottimo eupeptico, come il Digestivo Antonetto, che a metà degli anni ottanta vantava come testimonial un Nicola Arigliano sorprendentemente giovanile, confrontato a quello che si presentò pochi anni fa al Festival di Sanremo (quello sembrava Giovanni di Aldo Giovanni e Giacomo travestito da vecchio). L’Arigliano suonava un motivetto al piano: da sotto ad un tratto spuntava una morettona-ricciolona in tubino paillettato rosso acceso a mostrare la scatola del prodotto. E’ fin troppo facile ironizzare sulla scomoda posizione della ragazza, che veniva palesemente penalizzata dalla scelta registica: è pur vero che se da sotto il piano fosse spuntato un giovanotto, sarebbe stato, al tempo, forse peggio. Durante le lunghe vacanze che noi universitari dobbiamo purtroppo sopportare, ho visto l’american drim der sor Muccino. L’America reaganiana fa da sfondo alla vicenda che, in poche parole, descrive declino e ascesa di Will “che figo!” Smith. La ricerca di un lavoro che ti consenta di fare soldi a strafottere, ma sempre con stile: un po’ alla Fonzie, ma con meno donne intorno. L’attore icona di questo genere di film è il magnifico, eccezionale e sfortunato Michael J. Fox: il piccoletto che iniziando dal telefilm Casa Keaton del 1982, raggiunse il successo con Ritorno al futuro, ma si consacrò nei ruoli dello yuppy che dal niente arriva, attraverso travolgente impegno, ostinazione e movimento di letti, alla ricchezza più traboccante. In questa sede desidero ricordare soprattutto Il segreto del mio successo del 1987, nel quale un giovane Fox parte da un paesino del Kansas per la Grande Mela in cerca di fortuna negli affari. Ricopre nell’azienda dello zio il ruolo di fattorino, ma ben presto grazie ad una vivacità incontrollabile, e ad una simpatia contagiosa, si porterà a letto la zia. Segnatevelo: se volete farvi vostra zia, ricordatevi, vivacità e simpatia sembrano le armi giuste. Ma non si fermerà solo a questo: il piccolo mago della finanza, occupando abusivamente la poltrona di un dirigente, scalerà la multinazionale del cornuto zio. Il meccanismo nel quale Michael J. Fox eccelle è il seguente: da homo novus tuttofare, con le armi della volontà e dell’ironia, diviene grande trombatore, da qui a possedere una multinazionale il passo è brevissimo. Un pubblico anni ottanta lo capisce immediatamente e lo segue. Poi sopraggiunsero gli anni novanta, la Guerra del Golfo, i democratici al potere, e l’arrivismo di Fox era un modello superato: Monica Lewinsky, tuttofare della casa Bianca, provò con le stesse armi la scalata, ma non le ho andò altrettanto bene. Forse in questa rubrica oggi si è parlato troppo di gente sotto a tavoli o pianoforti.


Fabrizio Aurilia

5 marzo 2007

BOCCACCIO E IL "SUO" MARZIALE

Era il Febbraio dello scorso anno quando il giovane filologo Marco Petoletti, già ricercatore dell’Università Cattolica di Milano, ha compiuto una delle più importanti scoperte degli ultimi anni. Nel corso dei suoi studi presso la biblioteca Ambrosiana si è infatti imbattuto in un codice particolare quanto prezioso: “gli ultimi studi sul codice (rivelatosi poi nientemeno che un autografo di Giovanni Boccaccio) risalivano al 1903, quando il Sabbatini interpretò quella scrittura così precisa, pulita e rilassata come un indizio inequivocabile di umanesimo e datò così il testo al XV secolo. Per quanto riguarda la mia ricerca, ho invece capito abbastanza in fretta che quella scrittura era del Boccaccio, perché avevo già studiato altri suoi autografi. Il codice si compone dell’intera opera del Marziale, provvista anche di quel “Liber Spectaculorum” che il Certaldese dovette provvedere a copiare da un antigrafo custodito, con ogni probabilità, nella biblioteca del monastero benedettino di Montecassino. Questa scoperta mi ha, a tratti, davvero emozionato, non solo per la personale venerazione con cui normalmente mi approccio ad un testo del Boccaccio, ma soprattutto per il fatto che nello scorrere il testo ho osservato il celebre autore del Decameron reagire al colloquio con un autore classico come Marziale. Boccaccio non è un postillatore folle come Petrarca, ma va ricordato che in alcuni luoghi del testo i suoi commenti sono ficcanti e dimostrano di essere frutto della penna di un grande uomo di lettere e scrittore. Sul testo di Marziale, Boccaccio si lascia andare a fortissime imprecazioni, che giungono a sfiorare il turpiloquio quando si imbatte nella lettura del celebre passo in cui il poeta latino loda smodatamente l’imperatore Domiziano. Qui appaiono le maniculae, sorta di eloquente “proto-gestaccio” che soltanto il Certaldese poteva permettersi. Tuttavia le glosse non si compongono solo di brevi notazioni, di mottetti, di giochi di parole e di irriverenti maniculae, ma anche di splendidi disegni. E’ certamente da sottolineare quest’attitudine alla raffigurazione figurale, perché i cinque schizzi che accompagnano il codice sono capolavori dentro al capolavoro”. La “scoperta” di Marco Petoletti ci regala quindi un Boccaccio per certi versi inedito e fa luce sullo stretto legame che unisce il “Padre della prosa volgare” ai classici latini. Il lungo lavoro filologico di attenta analisi testuale ha squarciato il velo di mistero che secoli di oblio avevano fatto sedimentare su questo codice. Per noi non addetti ai lavori è quasi commovente, vedere Boccaccio reagire al testo classico: da un lato Petoletti ha trovato riscontri di lodi per la raffinata poetica di Marziale, ma dall’altro ha trovato insulti veri e propri. E forse, proprio a questo rapporto così sanguigno, sincero e ancora ingenuamente medievale con i classici, dovremmo, almeno in parte, tendere oggi. Ispirarsi alla metodologia di lavoro testuale propria di un Boccaccio o di un Petrarca (si noti che una differenza tra i due, comunque, sussiste) vuol dire, senza troppi giri di parole, sapersi emozionare, arrabbiare e anche entusiasmare davanti ad un testo, classico o recente che sia. Se è vero, come dicevano i latini che “Historia se repetit” la filologia, come disciplina al limite tra lo scientifico e l’umanistico, con le radici ben piantate nell’humus dei classici, ha ancora molto da dire e da dare. Infine, sembra opportuno sottolineare il fatto che una scoperta tanto importante sia stata compiuta da un giovane ricercatore, che, per ovvi meriti personali ha avuto la possibilità di studiare anche il “Virgilio Ambrosiano” di Petrarca, uno dei libri più preziosi al mondo, conservato nella nostra Biblioteca Ambrosiana.


Davide Zucchi

2 marzo 2007

P.I.D.

Paul McCartney. L’ ex membro dei Beatles è da anni al centro delle chiacchiere e sempre alla ribalta. La leggenda della morte presunta del musicista è forse la più famosa “ teoria del complotto” della storia del rock. Che si voglia credervi o meno, nel corso degli anni questa diceria, che presenta non poche difficoltà e qualche evidente discrepanza, ma anche parecchi indizi intriganti, ha appassionato moltissimi ricercatori di queste chimere.

La tesi iniziò a circolare ormai un quarantennio fa. Era il 12 Ottobre 1969 ed una radio del Michigan annunciava in diretta, tramite la telefonata di un ascoltatore anonimo, la morte del cantante. La voce all’altro capo della cornetta rivela al mondo che Paul sarebbe morto nel 1966 in un incidente stradale e che il resto della Band e il loro manager, una volta appresa la funesta notizia ed avere organizzato un anonimo funerale, in fretta e furia l’avessero sostituito con un sosia, tale William Campbell, un ex poliziotto sosia di McCartney. Gola profonda vagheggiava anche alcune tesi riguardo ai repentini pentimenti degli altri Beatles, e che rosi dal senso di colpa avessero disseminato nelle copertine dei loro dischi, indizi e prove. Consigliò anche a Gibb, il conduttore radiofonico, di ascoltare i finali di alcune canzoni e di ascoltarle attentamente al contrario. La telefonata scatenò una caccia alla traccia senza precedenti. Questi ricercatori produssero tesi interessanti avvallate da numerosi indizi presenti nei dischi dei Beales dal 1965 fino al definitivo scioglimento del gruppo. I ragazzi di Liverpool da parte loro non smentirono ne confermarono la fantasiosa tesi e la cosa accrebbe i sospetti in molti ricercatori e fans. D’altraparte le prove erano sotto gli occhi di tutti. Le copertine dei loro album erano e sono piene di allusioni, riferimenti a simboli esoterici e personaggi dalla dubbia fama, come Alister Crowley, che appare sulla copertina del cd più famoso della band: “Sgt. Pepper’s Lonley Heart Club Band”. Come mai uno dei più sinistri personaggi del novecento, legato ad ambienti di esoterismo e satanismo appare sulla copertina del gruppo più famoso del momento ?. E sempre nello stesso disco, forse uno dei più importanti della storia del rock, una esplosione di suoni nuovi e diversi che mai nessuno aveva scritto e suonato, gli indizi non si sprecano. In una intervista Ringo Starr afferma che nella copertina sono ritratti numerosi personaggi che loro stimano e ammirano. Il gia citato Crowley, Edgar Allan Poe, Marlon Brando, e molti altri. Ma è innegabile che alcuni di questi presentino storie piuttosto inquietanti. Gli stessi Beatles sono raffigurati sulla copertina nella loro versione “origini” quasi a lutto , dove sembrano guardare sconsolati la composizione floreale in terra. Questi fiori sono però sospettosamente simili ad una corona funebre e i fiori in primo piano raffigurerebbero un basso, strumento di Paul, addirittura così preciso da raffigurare un basso mancino come era Mc Cartney. E ancora la testa di Paul “nuova versione” è sormontata da una mano che secondo alcuni è simbolo funebre nelle culture orientali, a cui i quattro si erano avvicinati. Ma c’è stato chi ha cercato di scavare più a fondo e guardando la copertina allo specchio, trovò nella cassa al centro la scritta 1ONE IX HE DIE" ossia 11 IX ,9 Novembre, data della presunta morte, con delle frecce che indicherebbero proprio in direzione di Mc Cartney. Ma nella copertina sono celati ancora molti inizi, come una statua di Sheeva, dea indù della morte e della distruzione, che nel retro del disco indica con un dito la canzone che dice nel testo “ Wednesday morning at 5 o’ clock”, il giorno e l’ora della morte ( La canzone è She leaving ).

La ricerca però continua in ogni copertina dei dischi e per citarne alcune:

- la copertina di “Yesterday and Today”, dove i quattro apparivano sporchi di sangue e con in mano pezzi di bambole, viene cambiata con una ancora più criptica copertina, dove Paul sta dentro ad un baule molto simile ad una cassa da morto.

- Nella copertina di Magical Mistery Tour , la parola stellata "Beatles", guardata allo specchio, sembra un numero di telefono (2317438). Leggenda voglia che negli anni ‘60 chiamando quel numero a Londra, rispondesse una voce registrata che diceva "ti stai avvicinando".

La ricerca potrebbe snodarsi ancora per ogni copertina e per parecchie canzoni, alla fine di “I’m so Tired” ( sull’album bianco) una voce al contrario, forse di Jhon Lennon sembra dire “ Paul is dead, miss him miss him”. Ma si potrebbe continuare ancora per pagine e pagine. Queste dicerie però presentano parecchie incongruenze, prima tra tutte il proseguo della carriera di Paul, autore di alcune delle più famose canzoni dei beatles, per tacere il fatto che continuasse a cantare, sia studio che live, anche dopo la sua presunta morte. Leggenda o verità? Gli stessi Beatles potrebbero avere volontariamente disseminato i loro album di indizi, creando una delle più grandi operazioni commerciali della storia. A Lennon era riconosciuto in particolare un certo humor nero: una foto degli esordi lo mostra come morto mentre gli altri lo vegliano. La leggenda del PID avrebbe quindi solamente sosituito il beatles morto. Nel 2000 è stato realizzato, in Germania, addirittura un film su questa leggenda intitolato Paul is Dead. E nel 2005 in Italia è stato realizzato persino un musical. Verità o leggenda? Che ci si voglia credere o meno è innegabile che le dicerie abbiano portato ulteriore successo ai “Fab Four”. Brillante ed irripetibile operazione commerciale?. Di certo c’è solamente che se ne parlerà ancora per anni e che a meno di qualche repentino e tardivo outing, probabilmente la verità non verrà mai a galla.

Pablo Bernocchi