30 novembre 2008

L' INFORMAZIONE AI TEMPI DELLA RETE


Supermedia onnivoro, la rete ingurgita, digerisce, trasforma i media tradizionali, preoccupati ormai più di sopravvivere che di evolvere. Ed è l’informazione a passare per prima tra le sue grinfie: sta mutando in senso più partecipativo, quasi artigianale. Qualcuno lo pensa seriamente: presto i giornali non esisteranno più. Addirittura l’Economist ne previde la fine per il 2043. Congetture azzardate, certo, ma qualcosa di nuovo sta accadendo e fa leva sui blog e sul giornalismo autogestito.


Quei diari online, in cui l’autore pubblica pensieri, opinioni, esperienze in maniera assolutamente semplice e immediata, lasciando ai lettori la possibilità di commentare e replicare, appaiono per la prima volta nel 1997. La loro diffusione è cresciuta in maniera esponenziale. Si stima che la blogosfera, cioè l’insieme di tutti i blog, raddoppi le sue unità ogni cinque mesi, anche se soltanto il tredici per cento di esse viene aggiornato almeno una volta a settimana. Una selezione naturale fortissima vige, perciò, all’interno di questo mondo: se nasce circa un blog ogni secondo soltanto alcuni sopravvivono e possono ambire a un discreto successo. La loro importanza tende, comunque, a dilatarsi e, secondo le previsioni, in pochi anni domineranno le classifiche dell’autorevolezza tra le pagine web dedicate all’informazione. Le testate giornalistiche corrono ai ripari: se hanno iniziato creando una versione online dei fogli stampati, aggiungendovi poi nuovi servizi per renderne più interattiva la consultazione, adesso equipaggiano di blog i loro più importanti cronisti e opinionisti. Una parte importante dei diari attivi, infatti, è dedicata alla politica e alla società, guarda cioè ai tradizionali lettori dei quotidiani, i quali trovano soddisfazione anche nella lettura dei blog.


Diversi fattori favoriscono l’espansione dei diari telematici: i bassissimi costi di produzione, pubblicazione e aggiornamento; la mancanza di qualsiasi mediazione editoriale e di filtri sui contenuti; la grande interagibilità con i lettori. Il binomio editore-pubblicista è, insomma, completamente scisso. E molti, anche in Italia, hanno smesso di snobbarli. Alcuni, come Beppe Grillo e Marco Travaglio, ne hanno fatto la base operativa per degli imponenti movimenti d’opinione o politici.


Quale futuro, quindi, per l’informazione? Prevedere se i quotidiani scompariranno non è certo facile. Si è vero, cresce sempre di più l’informazione collaborativa – il cosiddetto citizen journalism; molti blogger si pongono come opinion leader di fama internazionale e l’informazione e l’editoria cercano sempre più di ristrutturarsi e di adattarsi, ancora con grandi e crescenti difficoltà, ai nuovi mezzi. Ma bisogna riconoscerlo: i nuovi canali forniscono per lo più un’informazione parziale e incompleta. E allora, anche se prevale tuttora una certa contrapposizione, ci si può avviare verso una fase di complementarietà: i blog possono essere utili solo in quanto integrano e controllano l’informazione tradizionale, sembra alquanto difficile che possano sostituirla. Il nostro Paese offre un terreno molto fertile per uno sviluppo in tal senso: la maglia nera sulla libertà di stampa in Italia sembra trovare una costruttiva opposizione nel giornalismo autogestito, anche se i quotidiani si ostinano a non riconoscerlo e ad ignorare il fenomeno.

Danilo Aprigliano

23 novembre 2008

BATTESIMO ADDIO!


In aumento il numero di “sbattezzati”: da internet scaricati oltre 30.000 moduli per non far più parte della chiesa cattolicaForse anche per questo nel 1986 è nata l’Uaar, Unione Atei e Agnostici Razionalisti, associazione che oltre a tutelare la libertà di religione, è fra le poche a battersi anche per la libertà dalla religione.Una delle iniziative di maggiore successo è stata l’introduzione del, così detto, “sbattezzo”. Ne abbiamo parlato con Massimo Redaelli, dottorando di ingegneria e membro del circolo milanese dell’Uaar.


Innanzitutto cos’è lo sbattezzo, quali sono i suoi effetti e come fare ad ottenerlo?

Dal 1999 il garante della privacy ha concesso, ai battezzati che lo desiderano, la possibilità di far annotare nei registri della parrocchia la volontà di non far più parte della Chiesa Cattolica. Gli effetti sono la scomunica latae sententiae, ossia senza che debba essere pronunciata, e quindi l’impossibilità di essere testimone di nozze o di battesimo (sarebbe in effetti abbastanza ridicolo), e di ricevere l’estrema unzione. Lo sbattezzo si ottiene inviando una raccomandata alla propria parrocchia.Gli effetti spirituali, sostanzialmente la cancellazione del peccato originale, sono invece ineliminabili. Per chi non crede di essere colpevole per una mela o altro frutto proditoriamente mangiato da Adamo, questo non dovrebbe essere un grosso problema.


E’ proprio questo il punto: chi, comprensibilmente, non crede nella dottrina della Chiesa, che bisogno ha di sbattezzarsi? Non potrebbe semplicemente continuare a non credere?

In Italia il Vaticano esercita, di fatto, un potere temporale. Questo avviene perché la Chiesa può vantare un altissimo numero di presunti cattolici, calcolati in base soprattutto al numero dei battezzati (che supera il 90%). Quanti di questi sono realmente credenti? Molto meno. Quanti poi si sentono vincolati all’insegnamento di Santa Madre Chiesa? Quasi nessuno, specialmente tra i politici che difendono i “veri valori”.Immagini se tutti quei battezzati che hanno abbandonato la Fede o sono contrari al potere temporale della Chiesa, si sbattezzassero: i cardinali che vogliono dettare l’agenda politica avrebbero vita molto più difficile. Per questo l’Uaar parla di “bonifica statistica”.


Non sarà magari vero, come cantava ironicamente Giorgio Gaber, che “la Chiesa si rinnova per salvar l’umanità”, ma va riconosciuto che ha fatto notevoli passi in avanti per restare al passo coi tempi. Da dove deriva tutta questa ostilità nei confronti della Chiesa d’oggi?

Sicuramente la situazione negli ultimi decenni è molto cambiata. Pensi che nel ’58 il vescovo di Prato insultò dal pulpito due coniugi che avevano scelto di sposarsi col rito civile, definendoli “peccatori e pubblici concubini”, negando poi i sacramenti a loro e ai loro genitori. Oggi i due si sarebbero fatti una bella risata, ai tempi invece persero gran parte della loro clientela (erano commercianti), vennero insultati e addirittura il marito fu malmenato. Denunciarono l’alto prelato, ma ottennero solo un risarcimento simbolico, che fece però parlare il Vaticano di “deriva laicista”, fino all’assoluzione in appello.Tutto ciò oggi non sarebbe più possibile. Ciò non toglie che in Italia governi di sinistra non riescano ad approvare leggi morbidissime sulle unione civili, mentre in paesi cattolici come la Spagna addirittura la destra, vincendo, si sarebbe limitata a cambiare nome al matrimonio gay.Non parliamo poi dei fondi statali che vanno ad ingrassare un’istituzione già ricchissima: in tempo di dichiarazione dei redditi vale la pena spendere due parole sull’8 per mille. Forse non tutti sanno, infatti, che quella quota di imposta di chi non esprime una preferenza (la netta maggioranza) viene comunque riscossa. Queste poi sono ripartite in base alle preferenze espresse dagli altri contribuenti. Ovviamente la Chiesa batte Valdesi, Testimoni di Geova e pochi altri, accaparrandosi circa mezzo miliardo di euro “senza preferenza”. Come se non bastasse, lo Stato utilizza buona parte dei fondi ad esso destinati per il restauro di edifici di culto. A livello personale mi aveva poi spinto ad aderire all’Uaar la vicenda di Piergiorgio Welby (malato terminale di sclerosi deceduto poco più di un anno fa, al quale non vennero concessi i funerali religiosi, richiesti dalla moglie cattolica, per aver scelto di morire mediante eutanasia. ndr): non capisco come una credo personale, irrazionale e soggettivo, possa condizionare la vita di altri.


Va bene, ma parliamoci chiaro: non sarà certo un gesto, lo sbattezzo, che a molti pare una goliardata, a cambiare questo stato di cose.

Certo non spero che quel 70% di italiani non praticanti decida di sbattezzarsi. Ciò non toglie che il fenomeno ha ormai una certa rilevanza: dal nostro sito, www.uaar.it, sono stati scaricati oltre 30.000 moduli appositi. A livello nazionale poi, si sta organizzando una grande manifestazione di sbattezzo collettivo in ogni città. Si trovano informazioni all’indirizzo www.uaar.it/milano.


Un’ultima domanda: molti parlano degli atei come di sacerdoti della non fede, come integralisti della laicità, in tutto simili a preti e imam. Cosa risponde?

Non credere, come è evidente, è ben diverso dal credere. Chi crede, a torto o a ragione, ritiene di non aver bisogno di prove oggettive per dirsi certo della sua Fede. Non sorprende questo porti agli integralismi: trovo molto difficile un dialogo tra chi esprime due certezze contrapposte basate su fumose esperienze personali, senza appigli oggettivi.L’atteggiamento di chi non crede è ben diverso: egli non è affatto certo che Dio non esista, ma semplicemente constata come non ci sia alcun buon motivo per credere nella sua presenza reale. Coerentemente rispetta le convinzioni intime e personali delle altre persone, ma pretende che queste non influiscano sulle leggi che devono valere per tutti.


Filippo Bernasconi


21 novembre 2008

QUANDO CHIUDE UN CORSO

a cura di Davide Bonacina, Virginia Fiume, Denis Tivellato

E’notizia di qualche mese fa: il corso di Teorie e tecniche multimediali dell’immagine e della comunicazione, insegnamento della triennale di Scienze della Comunicazione tenuto dal Prof. Capano e dalla Dott. Naldi, è stato cancellato. Negli ultimi anni, qui in Statale, non è la prima volta che accade che un corso venga chiuso: gli universitari di vecchia data ricorderanno un corso di Storia della Fotografia, molto apprezzato da tanti studenti, ma tuttavia annullato. Quali sono, quindi, le modalità di chiusura dei corsi? Chi decide? Quali sono gli organi universitari consultati?
Partendo dagli ultimi accadimenti, cerchiamo di spiegarlo in questa inchiesta.


IL CASO CAPANO

Giuseppe Alonzo, Rappresentante degli studenti al Consiglio di Facoltà di Lettere e Filosofia, ci spiega che già da tempo era cominciata a circolare una voce circa la sospensione del corso in questione. Le motivazioni addotte sono state le più diverse. La prima, ripetuta anche dalla Prof. Bonomi (direttrice del corso di laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione) a Fanny Papa, rappresentante in consiglio di facoltà (C.D.F.) di Scienze della Comunicazione, venuta a chiedere spiegazioni circa la cancellazione del corso, è stata l’istituzionale “mancanza di fondi per tenere in vita l’insegnamento”. Plausibile e chiara. Ma come mai si è giunti alla sospensione proprio di quel corso? E qui veniamo alla seconda causa. L’insegnamento faceva parte del settore SPS/08, Sociologia dei processi culturali e comunicativi. Del settore si è parlato in C.d.F, nel quale il Prof. Bosisio ha accennato ad un cambiamento di nome del C.d.L in Scienze dello spettacolo e della comunicazione multimediale, che dovrebbe diventare semplicemente “Scienze dello Spettacolo”. Questo cambiamento è riconducibile ad una volontà d’abbandono progressivo della multimedialità, che il nostro Ateneo sta considerando perché “non competitivo” in quel campo con le altre Università. All’interno di questo settore, già sovraccarico, il prof. Capano era uno dei professori di più basso grado, dato che era a contratto e non di ruolo (la sua cattedra è allo IULM). E pure il Prof. Franzini, preside della Facoltà, ha sempre dichiarato che ogni nuova attivazione può essere fatta solo se a costo zero. Tutto questo può avere concorso alla cancellazione (speriamo comunque non definitiva) del corso.

Abbiamo tentato di tracciare il percorso tipico di un corso che viene cancellato. Tuttavia, la questione è molto fumosa e il giro molto ampio e complesso, dunque le seguenti sono indicazioni di massima. Consiglio di Amministrazione (C.d.A). E’ il luogo dove si valuta come e dove distribuire il budget a disposizione dell’Università. Presidenza di Facoltà. Dove vengono fatti i conti, si decide il budget destinabile a ciascun C.d.L, si valuta soprattutto se c’è un ammanco di soldi ed eventualmente come porvi rimedio. Consiglio di Facoltà (C.d.F) e Consiglio di Coordinamento didattico (C.C.D). E’ il cuore decisionale. Qui la presidenza di Facoltà e i membri dei consigli stessi propongono le loro soluzioni, come la sospensione di un corso. Senato Accademico. La fase finale, dove viene sancita (o negata) definitivamente la sospensione del corso.

Davide Bonacina



VOX POPULI: LE VOCI FRA GLI STUDENTI

“Durante le lezioni abbiamo affrontato, sotto la guida dei professori, le esperienze artistiche di maggiore contemporaneità e sperimentazione, tenendo come punto di riferimento la Biennale di Venezia degli ultimi anni”. Un insegnamento molto apprezzato, aule piene ed esubero di tesisti. Chiude i battenti il “corso a contratto” di “Teorie e Tecniche Multimediali dell’Immagine e della Comunicazione Visiva”.

Lo scorso 4 ottobre, l’aula 23 di via Mercalli presentava un seguito capiente di studenti pronti a sostenere l’esame. Si parla con qualche studentessa e si percepisce la grande passione e il grande entusiasmo che ha suscitato in loro il corso. Mi riferiscono di averlo seguito con interesse e del loro dispiacere nell’aver appreso che, per il nuovo anno accademico, il corso non verrà riproposto. Alcune avrebbero voluto laurearsi con il prof. Capano ma, dato l’esubero di tesisti e la chiusura definitiva dell’insegnamento, hanno dovuto rivolgersi a qualche altra cattedra trattante anch’essa l’arte contemporanea. Una ragazza mi comunica che a febbraio si svolgerà l’ultimo appello disponibile per sostenere quest’esame.

“Ho frequentato il corso di Capano. E’ stato uno dei corsi che ho seguito con più interesse ed è stato davvero un piacere prepararlo. Un programma variegato, super contemporaneo che ha riscosso grande successo. Le aule sempre piene, tanta gente agli esami e tante richieste di tesi. Talmente tante che la mia è stata rifiutata per eccedenza. Poco male, mi sono detta, anche se non posso prepararla con Capano potrò analizzare gli argomenti del corso con qualche altro professore. E così ho fatto: ora sto preparando una tesi sulla performance artistica”.
Ma come mai si decide di chiudere un corso così seguito?
Una ragazza, con il sostegno di molte sue colleghe studentesse,propone una tesi non poi così ardita: “durante il corso si sono viste delle immagini molto impressionanti e alcune persone che all’inizio del corso seguivano le lezioni se ne sono andate disgustate senza più fare ritorno”. Quindi? “Non sono l’unica a pensare che la chiusura di questo corso sia dovuta a qualche pressione dell’alto di qualche associazione forse un po’ bigotta”. E, in effetti, in molti artisti contemporanei (si possono citare: Orlan, Stelarc...) presentati al corso troviamo sviluppati temi come la nudità, il sangue, il corpo portato ai limiti della sopportazione del dolore, le macchine come strumenti destinati a ibridarsi con la carne umana.

La domanda si pone da sola: in base a quale criterio hanno cancellato l’unico corso che in università affronta, finalmente, la complessità delle esperienze artistiche contemporanee?

Sul blog dell’insegnamento http://cosachesente.splinder.com (spazio virtuale dove è possibile comunicare con i docenti e rintracciare materiale utile per lo studio) l’assistente del professore, la dottoressa Naldi, incentiva gli studenti ad approfondire personalmente gli argomenti trattati durante le lezioni, proponendo visioni di artisti contemporanei. Non solo. La prof. invita a protestare alfine di riprendere al più presto le fila dell’insegnamento interrotto. L’adesione a questo nuovo modo telematico di comunicare tra prof. e allievi è certamente una nota positiva del corso che presto verrà chiuso. Uno strumento in grado di incentivare maggiore partecipazione all’esperienza didattica. Un motivo in più per scegliere, la prossima volta, con maggiore attenzione quali corsi sospendere, tutelando gli insegnamenti che offrono opportunità innovative di conoscenza e studio.

Denis Trivellato


INTERVISTA A MONICA NALDI

Per approfondire il caso e per sentire l’opinione delle persone coinvolte nella vicenda, abbiamo contattato la Dott.ssa Monica Naldi, assistente del Prof. Capano (ha tenuto diverse lezioni durante il corso) e curatrice del blog cosachesente.splinder.com, molto apprezzato dagli studenti. Lei ha gentilmente risposto alle nostre domande.

Dott.ssa Naldi, qual è la sua ricostruzione della vicenda?

Circa un anno fa l’Ateneo ha contattato il Prof. Capano per informarlo della necessità di far cessare alcuni corsi, tra cui il suo: gli è stato detto che il suo caso si inseriva in una politica di tagli alle spese che l’Università stava conducendo. Capano non si è opposto, avendo ricevuto nel frattempo una cattedra dallo IULM. Dopo qualche mese però, abbiamo scoperto che solo pochissimi corsi erano stati soppressi, e a quanto pare per “motivi tecnici” (pensionamento del docente o simili).

E quindi?

E quindi ci siamo chiesti, perché proprio noi? In realtà, però, non voglio tanto capire le ragioni, quanto sapere se si tratta di una decisione temporanea e in qualche modo revocabile, visto che il corso era ben frequentato e apprezzato da molti studenti con cui tengo i contatti sul blog, tuttora attivo.

Ci è giunta voce, però, anche di lamentele da parte di alcuni studenti…

Beh, effettivamente nel corso degli anni ci sono stati episodi di protesta. Ad esempio, quando ho fatto vedere in aula il film Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante (1989) di P.Greenaway, alcune
studentesse si sono dette “scioccate”, ma ne abbiamo parlato e mi pareva che fosse tutto a posto. Certo, abbiamo fatto vedere anche immagini di Body art che a volte sono piuttosto intense.
Il mio ciclo di lezioni dell’anno scorso, in particolare, riguardava la rappresentazione della violenza, ma sono stata attenta a contestualizzare e ad evitare alcune immagini che potessero essere ritenute troppo offensive o angoscianti. Anche il comportamento di Capano è stato effettivamente oggetto di polemiche: è un tipo estroso, gli piace fare battute che talvolta possono essere fraintese. Ma credo che qualche sua eccentricità possa essere ampiamente compensata dalla sua capacità di insegnamento. È giusto protestare se qualcosa dà fastidio, ma bisogna anche evitare di prendersi troppo sul serio, in modo anche un po’ vittimistico, e ricordare che una reazione eccessiva può avere conseguenze pesanti.

Quali sono le prospettive future, soprattutto per quel che riguarda un eventuale riapertura del corso?

Per ora, essendo una semplice assistente, ne so poco o nulla. Sicuramente, a mio parere, il corso ha sofferto anche di una collocazione errata: è troppo difficile per una Laurea Triennale, dove
ci sono anche studenti del primo anno, ancora privi di un background di studi sufficiente, ed è molto più adatto ad una Laurea specialistica. Inoltre, ho notato che gli studenti di Beni Culturali si sono dimostrati mediamente più preparati e interessati. Anche il Prof. Capano si era detto interessato a una riapertura del corso alla Specialistica. Staremo a vedere.

a cura di Davide Bonacina



INTERVISTA ALLA PROFESSORESSA ILARIA BONOMI

Per capire le motivazioni dell’annullamento dell’insegnamento di “Teorie e Tecniche Multimediali dell’immagine e della comunicazione visiva” abbiamo incontrato la professoressa Ilaria Bonomi,
direttrice del corso di laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione, corso cui l’insegnamento del professor Capano faceva riferimento.

Professoressa, perché è stato annullato l’insegnamento del professor Capano?

Intanto devo fare una premessa fondamentale. Ci rendiamo tutti conto che la condizione ideale per il nostro Ateneo sarebbe quella in cui fossero attive tutte le materie inserite nei piani di studio che gli studenti consultano quando scelgono un determinato corso di laurea. Ma a volte ci si trova di fronte alla necessità di fare dei tagli economici. I tempi adesso sono più difficili da un punto di vista strettamente finanziario.

Perché?

Nei primi tre anni di vita il corso di laurea ha avuto un grosso finanziamento ministeriale: il Campus 1, fondi devoluti dal ministero per i corsi più “innovativi”. Scienze Umanistiche della Comunicazione era l’unico corso di laurea della Facoltà a poter usufruire di questo finanziamento. Finiti i soldi del sussidio abbiamo scelto, per forza di cose, di tagliare alcuni di quegli insegnamenti che facevano riferimento a professori “a contratto”, che l’Ateneo deve pagare oltre agli stipendi dei docenti di ruolo. E poi c’è anche la questione delle doppie cattedre. I vincoli rispetto a chi insegna in più università stanno diventando più stretti.

Qualcuno sostiene che tra le motivazioni per la sospensione del corso del professor Capano ci fosse anche una risposta a lamentele sul contenuto stesso dei libri: immagini troppo forti per qualcuno…

Questo mi sento di escluderlo completamente. Nella scelta tendiamo a non dare ascolto a posizioni “ideologiche”. E a me personalmente queste voci non sono giunte.

Ma chi decide dove effettuare i tagli?

Gli organi alti: Consiglio di amministrazione, Senato Accademico e Consiglio di Facoltà.
Comunque non è detto che il corso sia annullato per sempre. Potrebbe tornare, magari inserito nei piani di studi di qualche corso magistrale.

Non è molto giusto, però, che le scelte dei corsi vengano effettuate sulla base di motivazioni economiche.

Certo che non è giusto. Ma è necessario. Ci sono tante esigenze. Bisogna barcamenarsi e bilanciare, spesso col rischio di proteste. Anche alcuni laboratori molto interessanti sono stati sospesi, come per esempio quello di inglese specialistico. Come si fa a coprire i corsi e i laboratori più “professionalizzanti” senza fare ricorso a contratti esterni? Per i laboratori si cerca di usare altre forze interne: dottorandi, assegnisti…mi rendo conto che non è l’ideale, ma cerchiamo di
fare del nostro meglio. Ed è stato istituito un Nucleo di Valutazione della Didattica, per affrontare alcuni nodi del sistema didattico.

a cura di Virginia Fiume


PER TIRARE LE SOMME

Siamo partiti da un corso annullato, siamo passati dalle sensazioni degli studenti e dalle risposte istituzionali ma adesso è arrivato il momento di parlare di questo anno accademico appena
cominciato. La professoressa Bonomi smentisce motivazioni di natura “ideologica” per la sospensione del corso di Teorie e Tecniche multimediali dell’immagine e della comunicazione visiva e parla di questioni economiche. Che, sebbene a malincuore, non possono essere ignorate.

Resta però una domanda aperta rispetto a quanto ci siamo domandati all’inizio di queste pagine: come si fa a determinare se un corso funziona o non funziona. Se è utile agli studenti o se si tratta solo di un “riempilibretto”. Per decidere se un corso deve restare attivo conta solo la tipologia di contratto del docente o ci sono anche altri criteri di valutazione?

La Facoltà di Lettere e Filosofia inizia quest’anno accademico con il tentativo di dare risposta a queste domande, istituendo il Nucleo di Valutazione della Didattica, una commissione composta
da 13 docenti, uno per ogni area disciplinare, e 3 rappresentanti degli studenti.
Abbiamo incontrato il professor Conca, docente di Filologia Bizantina e Civiltà greca, responsabile della Commissione. Ci ha detto che l’obiettivo del Nucleo di Valutazione della Didattica è arrivare all’elaborazione di un nuovo modulo di valutazione. “Quello che viene sottoposto agli studenti è troppo poco approfondito e uguale per tutte le facoltà. Noi vogliamo arrivare a sentire la voce degli studenti, fare in modo che ci diano risposte più articolate rispetto a quelle di un semplice questionario”. Il nuovo modulo dovrebbe quindi cogliere, nell’idea del gruppo di lavoro che lo sta elaborando, quali sono i corsi più frequentati e quelli meno, capire le perplessità degli studenti su qualità e continuatività dell’insegnamento del docente. E poi, cosa più importante, capire quale congruenza c’è tra il numero dei CFU e il programma dell’esame. Per evitare squilibri. “Senza dimenticare una valutazione su puntualità e frequenza degli orari di ricevimento e sull’utilizzo della posta elettronica” ci tiene a precisare Conca, “sembra incredibile, ma molti colleghi la
utilizzano saltuariamente”. Il lavoro del Nucleo è appena cominciato. Il nuovo questionario
dovrebbe essere pronto in tempo per valutare i corsi del secondo semestre. Chissà che l’anno prossimo non possano essere utilizzati i nuovi indicatori per decidere quali corsi meritano di restare patrimonio della cultura degli studenti della Statale. Senza il rischio di illazioni e magari prescindendo dalla spada di Damocle che pende sulla testa dei professori a contratto.

Virginia Fiume

AMNESTY INTERNATIONAL- ANCONA CALCIO 0-2

Pare che il consiglio Episcopale Permanente abbia spalleggiato la Santa Sede nella sua iniziativa di ritirare i finanziamenti ad Amnesty International per “la clamorosa inclusione, tra i diritti umani riconosciuti, della scelta di aborto”. Ora, la scelta della Santa Sede di eliminare i finanziamenti può risultare discutibile (come la recente decisione, da parte di un associazione cattolica, di acquistare l’Ancona, team calcistico di serie C), ma diventa addirittura paradossale se si precisa il fatto che Amnesty non ha mai ricevuto né sollecitato finanziamenti da parte dell’organo ecclesiale, nonostante la sospensione di questi sia stata largamente pubblicizzata. La linea d’azione seguita dal Consiglio Episcopale si colloca sotto l’insegna di un monito periodicamente riproposto: la profonda crisi morale che investe il Paese.
Con un volo pindarico mi viene in mente un’affermazione di Beppe Grillo, uomo del mese. Tra accuse di neo-qualunquismo o volgarità gratuita, tutti concordano almeno sul fatto che il velato invito sia segno di un’esasperazione diffusa. Al V-Day di Bologna il comico-vate individua la genesi di tale insofferenza in un quesito molto semplice: come educare i propri figli in un paese in cui è la disonestà ad essere premiata col successo? Ammetto che parlare del deficit culturale e legale dell’Italia è originale quanto mettere in dubbio l’obiettività di Emilio Fede. C’è da chiedersi però, dopo le invettive, cosa viene fatto contro il degrado morale.
La CEI, per cominciare, accusa Amnesty e compra una squadra di calcio…

Laura Carli