Era una notte buia e tempestosa… - Si potrebbe cominciare a raccontare così l’ultima esondazione del Seveso, causata da un forte temporale abbattutosi su Milano. È difficile chiamare fiume quello che in realtà è un corso d’acqua lungo una cinquantina di chilometri, che termina la sua corsa immettendosi nel naviglio Martesana. Eppure sabato 18 settembre, straripando in Viale Fulvio Testi in direzione di Viale Zara e invadendo tutte le vie limitrofe, le acque del Seveso trasformano le strade in fiumi di fango. Per gli abitanti, purtroppo, non è una grossa novità: ci si arrangia con quel poco che si ha – sacchi di sabbia o sacchetti neri impermeabili - per evitare danni ingenti alle cantine e ai garage; ma questa volta le gallerie della linea 5 in costruzione offrono un nuovo canale all’irruenza delle acque, che si rovesciano direttamente nel collegamento con la linea 3, alla stazione di Zara. Il disastro è compiuto: in Viale Zara, all’altezza della fermata Marche della futura metro, si apre una voragine che inghiotte terra e una macchina parcheggiata, lasciando penzolare i binari del tram su cui corrono le linee 5, 7 e la metro tranviaria 31 che giunge da Cinisello Balsamo. Sembra di vedere un nuovo tipo di montagne russe, ma c’è poco da scherzare. All’altezza del civico 91 il piccolo hotel Gala e il ristorante la Valletta, già in difficoltà per la chiusura del controviale, rimangono ora del tutto isolati, con conseguenze economiche non indifferenti. In una notte sola una delle principali arterie di ingresso alla città di Milano è resa praticamente inagibile, tanto più che già gli scavi l’avevano ristretta e trasformata in una serie di deviazioni e corsie uniche.
Lunedì tragico – La settimana ricomincia nei peggiori dei modi. La metro gialla è chiusa fino a Repubblica, l’ATM fornisce dei mezzi sostitutivi per cercare di limitare il danno, ma è una tragedia annunciata. Tutta la zona è bloccata con code chilometriche e immobili, tutti gli autobus e le navette di collegamento sono stipate, qualcuno si muove a piedi alla volta delle fermate, altri provano a chiedere informazioni al personale messo a disposizione dall’ATM, ma le notizie non sono chiare: si parla di qualche ora di chiusura, di qualche giorno, addirittura di mesi. «La nostra pazienza ha esondato», recita un volantino fuori dall'Esselunga di viale Zara, il quale invita tutti i residenti delle zone 2 e 9, a Nord di Milano, ad affrontare l'emergenza e a partecipare a una riunione straordinaria. Il comune di Milano risponde scaricando la responsabilità su un solo assessore (Mascaretti), ma dal Consiglio di Zona straordinario non emerge alcuna soluzione.
Un nuovo volantino spiegherà che nulla è stato risolto titolando “Il Seveso esonda e la Giunta affonda nel fango di Viale Zara”: l’assessore Mascaretti non è stato in grado di rispondere alle spiegazioni richiestegli in tale sede, e in più afferma con candore di avervi partecipato solo “per ascoltare i cittadini”.
Un nuovo volantino spiegherà che nulla è stato risolto titolando “Il Seveso esonda e la Giunta affonda nel fango di Viale Zara”: l’assessore Mascaretti non è stato in grado di rispondere alle spiegazioni richiestegli in tale sede, e in più afferma con candore di avervi partecipato solo “per ascoltare i cittadini”.
Odissea milanese – Il giorno successivo la situazione peggiora. Un nuovo ostacolo si pone tra la zona 9 e il centro città: la metro gialla si blocca al mattino presto fino a Porta Romana, stavolta per un guasto tecnico. La gente, disperata, comincia a prenderla sul ridere e spera in qualche scherzo. Piazze della Repubblica diventa un punto di ritrovo per centinaia di persone che non sanno più cosa fare per potersi muovere e andare a lavorare. I mezzi sostitutivi per arrivare in Duomo non ci sono ancora: gli unici autobus disponibili tornano indietro a Maciachini. Ancora una volta bisogna fare appello all’arte dell’arrangiarsi: con i taxi, con i pochi tram – già stracolmi - o semplicemente passeggiando per i Bastioni di Porta Venezia e il Parco di via Palestro. I tempi di percorrenza si allungano e capita di impiegare più di un’ora e mezza per arrivare in centro. Fortunatamente il danno dura poco: in tarda mattinata la circolazione torna regolare fino a Repubblica: ed è già una conquista.
Il quartiere mormora - I giorni passano e le notizie sono sempre più preoccupanti: 70 milioni di euro di danni, linea 3 chiusa per due mesi, molti dubbi e preoccupazioni sull’inaugurazione della linea 5, prevista per la primavera del 2011. Nascono anche delle teorie diverse sulla causa di tale disastro: pare infatti che l’esondazione del Seveso non abbia provocato direttamente l’allagamento della metro, ma che sia stato causato da un tubo dell’acquedotto esploso sotto Viale Zara. I 60 mila metri cubi d’acqua, pompati ogni minuto, si mescolano al fango delle gallerie della metro 5 e si riversano nella linea 3, arrivando fino alla fermata di Centrale. Altre voci sostengono che la colpa sia di un contadino che avrebbe il controllo delle chiuse dei canali scolmatori del Seveso e il più delle volte si troverebbe impossibilitato a eseguire il proprio compito. Discorso che assomiglia più a una leggenda e non trova alcun riscontro nei fatti. Al contrario la notizia dell’esplosione di un tubo dell’acquedotto può essere ritenuta vera, dal momento che la conferma viene direttamente dal sindaco di Milano Letizia Moratti. La prima cittadina, per placare gli animi, scende nelle gallerie della metro a constatare di persona i danni e chiede lo stato di calamità naturale, ma sia la Provincia che il governo danno risposte vaghe, dicendo di aspettare.
Ritorno alla normalità – Lunedì 27 settembre alle 17.00 viene annunciata la riapertura di tutte le stazioni della linea 3: da Maciachini a Centrale la circolazione è regolare. Nei primi minuti la gente sembra non credere alla notizia, anche perché ormai tutti si erano rassegnati ad aspettare qualche mese. Invece la metro prosegue il suo tragitto anche dopo la stazione Centrale, benché a velocità ridotta (20km/h). Ci sono volute 200 ore di lavoro da parte di una squadra di 500 persone dell’ATM, oltre ai tecnici di alcune aziende fornitrici, per tornare alla normalità; cento ore per svuotare le stazioni e le gallerie dai 150 mila metri cubi di acqua e fango, e altre cento ore per il ripristino della linea. Un lavoro eccellente che merita le prime pagine dei giornali milanesi, i cui titoli parlano di tempi record e gestione eccezionale. Solo pochi giorni fa l’Assessore ai Lavori Pubblici, Bruno Simini, annunciava con molta cautela una possibile riapertura per i primi di ottobre. Non è chiaro se abbia commesso un semplice errore di calcolo o abbia adottato una strategia per dimostrare le capacità della giunta comunale in situazioni d’emergenza.
Punti interrogativi – “Nel giro di 48 ore torneremo alla velocità normale” spiega il presidente dell’ATM Elio Catania, il quale non vuole ancora rivelare l’entità esatta dei danni – la cui stima resta sempre attorno ai 70 milioni di euro. Restano domande e dubbi sull’avvenimento: come mai si parla ancora di un canale scolmatore da costruire, quando il progetto venne presentato negli anni ’70? Come è possibile che non fosse stata prevista un’eventuale esondazione delle acque del Seveso in cantieri situati in un territorio più volte soggetto a inondazioni? È possibile che un’intera zona di una città come Milano resti isolata e paralizzata per una notte di forti temporali? Che cosa potrebbe accadere se questa stessa situazione si ripresentasse durante l’Expo 2015? Manca ancora tanto tempo all’evento mondiale, ma tra litigi, fondi mancanti e imprevisti naturali, sembra difficile pensare di essere pronti a ricevere milioni di persone in città. E pensare che uno dei temi dell’esposizione universale sarà proprio l’acqua…
Daniele Colombi
Daniele Colombi
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