In prospettiva, il Governo in carica ha intenzione (di nuovo) di modificare l’assetto accademico italiano. Le stesse forze politiche, o quasi, nel 2004-2005 fecero una riforma universitaria (Riforma Moratti) che andasse a colmare-implementare le problematiche e i vuoti scaturiti dalla precedente riforma del 1999 (Riforma Zecchino-Berlinguer) sulla base delle direttive europee.
Le motivazioni addotte per tutti questi rimestamenti legislativi possono essere individuate nella volontà di:
Ora, i continui interventi relativi all’università indicano che le formule legislative precedentemente adoperate non hanno funzionato o addirittura hanno peggiorato la situazione. Non si spiegherebbe altrimenti la continua riformulazione, i continui “aggiustamenti” apportati al settore accademico.
In realtà, confezionando una riforma ogni cinque o sei anni (1999, 2004, 2010?) non si ha neanche il tempo per capire se “la potatura ha dato i suoi frutti”, se la generazione di laureati “prodotta” sia più appetibile per il mercato del lavoro nazionale ed europeo. O forse bisogna intendere le varie riforme come tappe di un’unica macro-trasformazione riformativa.
Negli ultimi dieci anni si sono create tre generazioni differenti di studenti e di laureati, con percorsi accademici differenti e allo stesso mercato del lavoro non è stato dato il tempo di assorbire una sola di queste generazione.
Il caso Milano-Bicocca
Nell’aprile del 2010, sei facoltà su otto (tutte tranne Giurisprudenza ed Economia) hanno presentato delle mozioni ai propri consigli di facoltà, in cui i piani di studio venivano approvati con riserva. Tale riserva considerava la possibilità, da parte dei ricercatori, di ritirare la propria disponibilità all’insegnamento se il DDL 1905 non avesse subito modifiche sostanziali durante l’iter legislativo. In giugno il DDL passa dalla commissione incaricata al Senato, che lo approva nel mese successivo senza alcun cambiamento sostanziale.
A questo punto i ricercatori delle Facoltà di Psicologia, Medicina e Scienze matematiche fisiche naturali hanno ribadito la loro astensione dalla didattica, quale forma di protesta contro una possibile approvazione in toto del DDL, che comporterebbe due conseguenze: meno denaro in busta paga e la cancellazione di alcuni corsi tenuti da anni dai ricercatori in questione.
Considerando che queste tre facoltà da sole rappresentano circa il 54 % dei ricercatori della Bicocca (224/412) l’inizio dell’anno accademico è stato rimandato di una o due settimane.
Il ricercatore in Italia, perché protesta?
Di fatto, il ricercatore non è obbligato ad esercitare la didattica frontale, che è un surplus a volte pagato a volte gratuito.
Con l’attuale DDL 1905, per avanzare nella carriera accademica servirà avere un curriculum vitae competitivo in campo scientifico (titoli, pubblicazioni...) e le ore investite nell’insegnamento e nelle prove d’esame non apporteranno nessun benefit per la carriera.
La ricerca con il DDL 1905
Cosa ne sarà della qualità della ricerca? Per fortuna il DDL 1905 pensa anche a questo, regolando alcune norme già esistenti nella 133/08, ovvero la privatizzazione delle università mascherata da fondazione. Sarà il privato e quindi la logica del profitto a regolamentare l'attività di ricerca. Cosa ne sarà allora di tutte quelle ricerche che, come quella medica nel campo delle malattie rare, non producono frutti immediati?
Denis Trivellato
brava!
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