15 marzo 2011

DA RIVEDERE PER LA PRIMA VOLTA: Sindrome Cinese di James Bridges, 1979


Il dramma nucleare giapponese riporta agli onori della cronaca una formula tecnica che avevamo dimenticato: la “sindrome cinese”, ovvero lo sprofondamento all’interno della crosta terrestre del nucleo fuso di un reattore nucleare sino all’altro capo del pianeta. Tale ipotetico incidente(smentito poi da quanto accaduto nei veri incidenti nucleari) è da intendersi come “cinese” in quanto la Cina si trova agli antipodi degli USA, dove il termine è stato coniato.

Il film, diretto da James Bridge, ha un cast davvero d’eccezione: Jane Fonda indossa i panni di un’avvenente giornalista televisiva di successo (Kimberly Wells), un irriconoscibile Michael Douglas interpreta il personaggio di un cameraman animato da rivendicazioni politico-ambientaliste (così epistemologicamente lontano dal manager dell’alta finanza di Wall Street Gordon Gekko che conosceremo nella pellicola di Oliver Stone appena otto anni dopo) e la vecchia gloria hollywoodiana Jack Lemmon come direttore della sala controllo nella centrale nucleare di Ventana, in California (David di Donatello 1980 come miglior attore straniero per questa interpretazione).
Il film, tipico esempio di cinematografia impegnata e “di protesta” anni ’70, diventa immediatamente un successo per la concomitanza dell’incidente nucleare alla centrale di Three Miles Island, avvenuto appena dodici giorni dopo l’uscita del film nei botteghini. La trama è semplice: durante un servizio televisivo sull’energia nucleare in California, Kimberly Wells insieme alla sua troupe riesce a filmare di nascosto l’interno della sala controllo di una centrale nucleare proprio nel momento in cui si verifica un problema molto serio al reattore, che viene salvato da un disastro immane grazie alla freddezza del direttore tecnico Jack Godell (Lemmon). In seguito, l’emittente televisiva di Kimberly si rifiuta di trasmettere queste immagini per non suscitare panico nella popolazione, mentre Godell scopre, attraverso accurate indagini, dei gravissimi problemi strutturali all’impianto di raffreddamento del reattore, occultati dalla ditta appaltatrice con la compiacenza dei vertici della centrale. Spinto dalla paura di una catastrofe, si impadronisce della sala controllo e chiama la troupe di Kimberly per spiegare ai cittadini ignari il rischio che stanno correndo.

Questa tipologia cinematografica, un filone che punta a suggellare il connubio tra intrattenimento e protesta, si rivela tutt’ora attuale: la centrale nucleare immaginaria rappresentata nel film presenta molti dei problemi reali verificatisi nel corso degli anni: dalla fusione del nocciolo (Three Miles Island nel 1979), al rischio di contaminazione su larga scala (Chernobyl nel 1986) sino al blocco degli impianti di raffreddamento che in queste ore sta creando angoscia al Giappone e a tutto il mondo. La deriva thriller del finale del film, che qui non sveleremo, aggiunge una nota di godibilità a una trama certamente ben scritta e sceneggiata.

Angelo Turco

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