“…non ragioniam di loro, ma guarda e passa.”
“Welcome”! Ogni zerbino che si rispetti ha orgogliosamente tatuato un buon messaggio di benvenuto.
Il film di Fhilippe Lioret ci mostra invece il respingente “benvenuto” che accoglie i clandestini che giungono nella Francia delle leggi restrittive emanate dall’attuale governo, che prevedono sanzioni penali per chiunque sia disposto ad aiutarli.
Benvenuto che può essere interpretato utilizzando anche un’altra chiave di lettura, quella dei sentimenti. Nel momento in cui l’indisponente vicino di casa di Simon (interpretato da Vincent Lindon), chiude la porta a qualsiasi possibilità di dialogo, la porta fisica e metaforica di Simon invece si apre, ormai senza più reticenze, all’ospite: il giovane curdo Bilal (Firat Ayverdi), giunto a Calais dopo un solitario viaggio attraverso l’Europa. Il suo scopo è raggiungere la Gran Bretagna per ritrovare il suo amore, Mina, promessa sposa ad un vecchio cugino. È per lei che tenterà di attraversare la Manica a nuoto, pur non sapendo nuotare. Sarà Simon ad insegnarglielo, istruttore nella piscina pubblica che il ragazzo ha deciso di frequentare.
Due esistenze diverse che si incontrano, unite dalla comunità di un sentimento: l’amore. Per Bilal, quello puro e liricamente poetico verso Mina; per Simon, quello coriaceo e taciuto verso la sua ex-moglie Marion. Sentimento che, attraverso un moto circolare, legherà Simon a Bilal, portandolo ad affrontare la chiusura delle istituzioni e il pericolo delle sanzioni penali.
Rapporto affrontato con delicatezza, che non manca di scontri e incomprensioni. Simon non viene identificato come benevolo precettore: è un uomo come tanti, non privo di difetti, che non ha nulla da insegnare a Bilal (se non il nuoto) da cui non ha che da apprendere. Personaggio, quest’ultimo, incontaminato nonostante il contesto di miseria che lo circonda (esemplare è l’utilizzo che fa dell’anello regalatogli da Simon, che non lo vende per pagare un trafficante, ma lo conserva per regalarlo a Mina), e commovente nella sua determinazione al raggiungimento di un obiettivo pressoché impossibile.
Ciò che rimane è la potenza dell’amore: quello perduto (privo di quei travagli post- bohémien tanto di moda), e quello sconosciuto, che trova fondamento nella relazione tra i due protagonisti.
Un film da non trascurare, che con estrema naturalità affronta tematiche difficili e si inerpica nella sconosciuta spontaneità delle emozioni.
Welcome dunque “Welcome”!
Michela Giupponi
Benvenuto che può essere interpretato utilizzando anche un’altra chiave di lettura, quella dei sentimenti. Nel momento in cui l’indisponente vicino di casa di Simon (interpretato da Vincent Lindon), chiude la porta a qualsiasi possibilità di dialogo, la porta fisica e metaforica di Simon invece si apre, ormai senza più reticenze, all’ospite: il giovane curdo Bilal (Firat Ayverdi), giunto a Calais dopo un solitario viaggio attraverso l’Europa. Il suo scopo è raggiungere la Gran Bretagna per ritrovare il suo amore, Mina, promessa sposa ad un vecchio cugino. È per lei che tenterà di attraversare la Manica a nuoto, pur non sapendo nuotare. Sarà Simon ad insegnarglielo, istruttore nella piscina pubblica che il ragazzo ha deciso di frequentare.
Due esistenze diverse che si incontrano, unite dalla comunità di un sentimento: l’amore. Per Bilal, quello puro e liricamente poetico verso Mina; per Simon, quello coriaceo e taciuto verso la sua ex-moglie Marion. Sentimento che, attraverso un moto circolare, legherà Simon a Bilal, portandolo ad affrontare la chiusura delle istituzioni e il pericolo delle sanzioni penali.
Rapporto affrontato con delicatezza, che non manca di scontri e incomprensioni. Simon non viene identificato come benevolo precettore: è un uomo come tanti, non privo di difetti, che non ha nulla da insegnare a Bilal (se non il nuoto) da cui non ha che da apprendere. Personaggio, quest’ultimo, incontaminato nonostante il contesto di miseria che lo circonda (esemplare è l’utilizzo che fa dell’anello regalatogli da Simon, che non lo vende per pagare un trafficante, ma lo conserva per regalarlo a Mina), e commovente nella sua determinazione al raggiungimento di un obiettivo pressoché impossibile.
Ciò che rimane è la potenza dell’amore: quello perduto (privo di quei travagli post- bohémien tanto di moda), e quello sconosciuto, che trova fondamento nella relazione tra i due protagonisti.
Un film da non trascurare, che con estrema naturalità affronta tematiche difficili e si inerpica nella sconosciuta spontaneità delle emozioni.
Welcome dunque “Welcome”!
Michela Giupponi
Le frasi iniziale e finale sono meravigliose.
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