
L’inganno percettivo causato dagli specchi era in effetti solo la punta dell’iceberg di quel filtro o distorsione dell’informazione che, nei tempi passati, i potenti potevano sicuramente esercitare. Si può dire allora che queste sale “pubbliche” delle corti e dei palazzi dell’alta aristocrazia erano delle vetrine, o meglio ancora dei teatri, nei quali il padrone di casa svolgeva il doppio ruolo di autore e di regista. Intorno all’autore/regista comparivano molte altre figure, contemporaneamente attori e spettatori, il cui compito era essenzialmente obbedire e plaudere alle iniziative di chi deteneva il potere. E’ vero che le corti erano spesso teatro di macchinazioni e di intrighi tra gruppi di cortigiani, ma forse le lotte fra i sostenitori di diverse “visioni cortigiane” non erano né ignote né invise al monarca, che probabilmente rafforzava il suo potere mettendo in atto l’antico principio del “divide et impera”. Infatti, come gli specchi che moltiplicano frammenti di immagini rendono arduo distinguere tra reale e virtuale, la moltiplicazione di frammenti di informazione disposta dal potente rendeva assai difficile e insidiosa la costituzione e la stabilità di alleanze con funzione sovversiva. Dunque l’apparente quantità di informazioni messa in scena dagli specchi non alludeva certo alla pluralità dei punti di vista dei sudditi, bensì all’accorta opera di informazione/disinformazione gestita dall’autorità centrale. Tuttavia le sale degli specchi non costituivano soltanto la facciata scintillante del potere politico centrale, ma erano anche luoghi di svago e di sogno, in cui venivano tenuti concerti, feste, letture poetiche e teatrali; le stesse decorazioni fantastiche delle pareti e del soffitto (grottesche, maschere, scene mitologiche, ecc.) indirizzavano il pensiero degli spettatori all’evasione nell’immaginario, piuttosto che alla concretezza dell’azione.
Oggi invece il ruolo dello specchio rimanda più che altro all’interiorità: proprio nell’era dell’ipercomunicazione, favorita dall’ingrandirsi degli spazi comunitari (stadi, piazze, ecc.) e dalla capillare diffusione dei nuovi media, il teatro, la letteratura, la psicanalisi pongono l’accento sulla riflessione sul privato. L’immagine di un soggetto che si riflette in uno specchio diventa quindi sinonimo del soggetto che riflette su se stesso: l’antico gioco di specchi tra essere e apparire si arricchisce allora di nuovi accenti, conservando immutati la sua ambiguità e il suo fascino.
Flavia Marisi
fantastica
RispondiEliminaI giochi di specchi, i processi ricorsivi, di cui il moltiplicarsi all'infinito dell'immagine di un oggetto tra due specchi piani paralleli è un esempio. Sono alla base dell'intelligenza, del genio. Così come si è manifestata in Gesù di Nazaret, Leonardo da Vini e Michelangelo Buonarroti. I loro stessi volti nella maturità erano simili, come in una camera degli specchi. Cfr. ebook (amazon) di Ravecca Massimo. Tre uomini un volto: Gesù, Leonardo e Michelangelo. Grazie. il volto di Gesù come volto archetipo.
RispondiElimina