21 dicembre 2006

LA LUNGA NOTTE DI BHOPAL - PARTE II

- 3 dicembre 1984 -

L’impianto che dominava la città di Bhopal, su cui sventolava fiera la bandiera della Union Carbide Corporation, all’epoca la terza società di prodotti chimici al mondo, era specializzato nella produzione di Sevin, un innovativo pesticida, la cui vendita deluse le aspettative. Al momento dell’incidente la fabbrica si trovava in condizioni di grave degrado. La multinazionale americana aveva infatti deciso di chiudere la sua sede indiana, costantemente in perdita. Nel tentativo di tamponare questa emorragia di milioni di dollari, erano stati operati pesanti tagli, sia al personale che ai sistemi di sicurezza. La produzione era ferma, quel giorno di dicembre, ma all’interno della fabbrica, in apposite vasche di stoccaggio, erano conservate allo stato liquido decine di tonnellate di Mic (Methyl Iso- Cyanate), isocianato di metile, una molecola che può provocare reazioni di inaudita violenza. Per evitare esplosioni il Mic va tenuto a una temperatura costante di zero gradi centigradi. La notte dell’incidente l’isocianato, durante un improvvisato e maldestro intervento di pulizia delle tubature, entrò in contatto con l’acqua, provocando una reazione esotermica. 42 tonnellate di Mic si disintegrano in un vortice di calore, passando rapidamente allo stato gassoso. I sistemi di sicurezza, come già accennato, erano stati disattivati. Il sistema di refrigerazione che avrebbe dovuto neutralizzare l’agente chimico, era fuori servizio. Il Mic era a temperatura ambiente. In caso di fuga di gas, la fabbrica era provvista di altri due sistemi di sicurezza, la torre di decontaminazione, in cui la soda caustica avrebbe assorbito e neutralizzato il gas, e ancora una torre di combustione, in cui eventuali gas sfuggiti alla soda sarebbero stati definitivamente bruciati. Ma nessuno dei due sistemi poté essere utilizzato. Entrambe le torri erano state smontate per interventi di manutenzione.

Così, la nube tossica fuoriuscì indisturbata dalla fabbrica e serpeggiò per la città. La reazione chimica aveva portato alla liberazione, tra gli altri gas, di acido cianidrico, che se inalato in forti dosi porta alla subitanea morte cerebrale, bloccando l’azione degli enzimi che portano l’ossigeno dal sangue al cervello.

Chiara Checchini

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