Dopo l’approvazione della finanziaria alla camera, il solito Schifani ha definito vergognoso l’utilizzo della fiducia da parte della maggioranza. E a ragione. Nulla infatti è più vergognoso che veder un governo aspettar tanto a metter la fiducia, provocando il parziale snaturamento di una manovra che aveva una sua discreta coerenza interna.
A Schifani ha fatto poi eco il sempre savio e moderato Casini parlando di «esproprio dell’aula» e dimostrando così un’indiscutibile conoscenza del voto di fiducia. Conoscenza che nasce, senz’ombra di dubbio, dall’esperienza diretta: quando erano al potere lui e i suoi amici, la fiducia fu posta addirittura 46 volte - perfino sulla legge anti-droga Fini-Giovanardi e sulla
riforma universitaria.
Infine è giunta l’attesa chiosa berlusconiana: «Il ricorso al voto di fiducia sulla finanziaria è una cosa che non appartiene ai metodi di una vera democrazia». Niente male da parte di un veterano del voto di fiducia come lui. Ma a fronte delle accuse di brogli di Deaglio, che cos’è quest’ennesima uscita berlusconiana, un’auto-confessione?
Francesco Zurlo
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