Mi sembra doveroso iniziare la carrellata di dischi con l’istrionico, zingaresco, minotauresco(chi ha assistito di recente ad una sua performance live potrà certamente confermare la vocazione taurina del Vinicio nazionale) Capossela che pubblicando nel gelido gennaio scorso “Ovunque Proteggi” ha deliziosamente riscaldato cuori e padiglioni auricolari dei fans con le sue ricercate melodie e la sua voce roca.
L’aggettivo più calzante per “Ovunque Proteggi” è: eterogeneo…scordatevi la compattezza di sound/tematiche del precedente “Canzoni a Manovella”. Tanta varietà è limite e forza nello stesso tempo. Limite, poiché l’album appare poco coeso, direi quasi sfilacciato. Forza, perché Vinicio si trova a perfetto agio nel muoversi tra diversi generi musicali, nel gestire musicisti d’ogni estrazione gusto e stile(Roy Paci (tromba), il newyorkese Marc Ribot (chitarre), Stefano Nanni (piano), Ares Tavolazzi (ex-Area) al contrabbasso e Gak Sato all'elettronica).
Ne scaturisce un viaggio musicale tra il mito(Barbari della Colchide/ I vapori s'alzano nell'ombra) e il quotidiano(Affanculo questa serietà/ Questa lealtà/ Tutta questa impresa/ Poi il sabato all'iper a far la spesa) tra l’ossessione carnale, l’immanente, il viscerale(Patimento della carne/ Corpo sacro della carne/ Compassione della carne/ Fuoco fatuo della carne) e la suggestione del sogno, il trascendente, il misticismo(E accesi sui pennoni/I fuochi fatui, i fuochi alati /Della Santissima/Dei naufragati). Un disco importante.
Ora preparatevi ad un salto spazial/stilistico: dall’Italia alla Scozia, dal cantautorato al post-rock. I Mogwai tornano dopo un latitanza di tre anni e ci regalano “Mr. Beast”. La band di Glasgow prosegue il proprio discorso musicale con coerenza ed uno stile unico, frutto di un lavoro di raffinamento e rielaborazione lungo un decennio. “Mr. Beast” alterna cavalcate esplosive a delicati intermezzi melodici, crescendo sporchi, inquinati da glitch elettronici e distorsioni, che lasciano improvvisamente spazio ad arpeggi dal gusto romantico(senza cadute nel melenso). Insomma, la band “ppò èsse piuma e ppò èsse fero” come la mano del camionista interpretato da Mario Brega in “Bianco, rosso e Verdone”(perdonatemi il paragone ma lo trovo quantomai appropriato). Ennesima riconferma.
Segnalazione lampo per “Lantern” dei Clogs. Siamo sempre nel post-rock, questa volta contaminato con la musica da camera. Tra morbidi riff di chitarra, pennellate d’archi e rarefatte note di basso ci muoviamo in un paesaggio crepuscolare. Malinconico.
Concludo con il mostro di esuberanza Thom Yorke (ogni volta che ascolto il suo cd in auto e disgraziatamente ci sono altre persone a bordo vengo investito da una sequela di: “togli questa roba deprimente!” e frasi dal significato equivalente. Musica da party, insomma). Allontanatosi temporaneamente dai Radiohead, il simpatico ragazzotto del Northamptonshire(bel nome per distretto territoriale) sceglie l’elettronica per il suo esordio solista. “The Eraser” non delude ma neppure convince pienamente. Le nove tracce scorrono via lisce, il marchingegno è presto svelato: una base elettronica, una linea melodica dolce, la splendida voce di Thom a ricamare, amalgamare, accompagnare. Alla lunga stanca.
Enrico Gaffuri
L’aggettivo più calzante per “Ovunque Proteggi” è: eterogeneo…scordatevi la compattezza di sound/tematiche del precedente “Canzoni a Manovella”. Tanta varietà è limite e forza nello stesso tempo. Limite, poiché l’album appare poco coeso, direi quasi sfilacciato. Forza, perché Vinicio si trova a perfetto agio nel muoversi tra diversi generi musicali, nel gestire musicisti d’ogni estrazione gusto e stile(Roy Paci (tromba), il newyorkese Marc Ribot (chitarre), Stefano Nanni (piano), Ares Tavolazzi (ex-Area) al contrabbasso e Gak Sato all'elettronica).
Ne scaturisce un viaggio musicale tra il mito(Barbari della Colchide/ I vapori s'alzano nell'ombra) e il quotidiano(Affanculo questa serietà/ Questa lealtà/ Tutta questa impresa/ Poi il sabato all'iper a far la spesa) tra l’ossessione carnale, l’immanente, il viscerale(Patimento della carne/ Corpo sacro della carne/ Compassione della carne/ Fuoco fatuo della carne) e la suggestione del sogno, il trascendente, il misticismo(E accesi sui pennoni/I fuochi fatui, i fuochi alati /Della Santissima/Dei naufragati). Un disco importante.
Ora preparatevi ad un salto spazial/stilistico: dall’Italia alla Scozia, dal cantautorato al post-rock. I Mogwai tornano dopo un latitanza di tre anni e ci regalano “Mr. Beast”. La band di Glasgow prosegue il proprio discorso musicale con coerenza ed uno stile unico, frutto di un lavoro di raffinamento e rielaborazione lungo un decennio. “Mr. Beast” alterna cavalcate esplosive a delicati intermezzi melodici, crescendo sporchi, inquinati da glitch elettronici e distorsioni, che lasciano improvvisamente spazio ad arpeggi dal gusto romantico(senza cadute nel melenso). Insomma, la band “ppò èsse piuma e ppò èsse fero” come la mano del camionista interpretato da Mario Brega in “Bianco, rosso e Verdone”(perdonatemi il paragone ma lo trovo quantomai appropriato). Ennesima riconferma.
Segnalazione lampo per “Lantern” dei Clogs. Siamo sempre nel post-rock, questa volta contaminato con la musica da camera. Tra morbidi riff di chitarra, pennellate d’archi e rarefatte note di basso ci muoviamo in un paesaggio crepuscolare. Malinconico.
Concludo con il mostro di esuberanza Thom Yorke (ogni volta che ascolto il suo cd in auto e disgraziatamente ci sono altre persone a bordo vengo investito da una sequela di: “togli questa roba deprimente!” e frasi dal significato equivalente. Musica da party, insomma). Allontanatosi temporaneamente dai Radiohead, il simpatico ragazzotto del Northamptonshire(bel nome per distretto territoriale) sceglie l’elettronica per il suo esordio solista. “The Eraser” non delude ma neppure convince pienamente. Le nove tracce scorrono via lisce, il marchingegno è presto svelato: una base elettronica, una linea melodica dolce, la splendida voce di Thom a ricamare, amalgamare, accompagnare. Alla lunga stanca.
Enrico Gaffuri
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