Gemma Ghiglia, Michela Giupponi
Dai tetti della Maflow di Trezzano sul Naviglio a quelli più centrali della Scuola Civica serale Gandhi di Piazza XV Aprile, il salto è meno lungo di quello che si pensi. Dal rispetto del diritto al lavoro a quello del diritto allo studio.
L’occupazione del tetto del liceo Gandhi è l’ultimo, estremo tentativo degli studenti di richiamare l’attenzione verso lo smantellamento della scuola civica serale, l’unico liceo civico paritario italiano. L’esasperata richiesta di poter continuare a studiare, portando a termine il percorso di formazione già iniziato.
La decisione di chiudere la scuola è stata resa nota a luglio del 2009 attraverso un’informativa dell’assessore Mariolina Moioli (Famiglia, scuola e politica sociale), in cui veniva presentata una proposta di riordino delle civiche scuole paritarie.
La mancata attivazione dei corsi e delle classi per l’anno 2009/2010 è stata giustificata facendo appello alla normativa statale vigente che prevede un numero di iscritti minimo per classe, e nell’ottica di un processo di razionalizzazione legato alla mancanza di fondi a disposizione.
Ragioni discutibili. Basta ricordare che i professori del liceo sono di ruolo, quindi non pesano sul bilancio, e che il comune ha assegnato quattro milioni di euro come contributi per l’acquisto di materiale scolastico a tutti gli studenti delle scuole primarie e secondarie.
La posizione del Comune però si è dimostrata irremovibile, e di fronte alla sospensiva del Tar, chiamato in causa dagli studenti, ha risposto interrogando il Consiglio di Stato. Quest’ultimo ha deliberato che le decisioni assunte dall’amministrazione comunale risultano conformi alle direttive emesse dall’ufficio provinciale, che riconoscono alle scuole paritarie serali il valore di servizio sociale. Duro colpo per gli studenti, che si sono visti privati di un servizio dai costi in realtà contenuti, dato che il costo di un anno di scuola pubblica serale è di 258 euro, dieci volte di meno della spesa per una scuola privata.
Le soluzioni proposte dalla giunta, quali l’inserimento degli studenti nei corsi di alcuni Istituti Statali e la possibilità dell’attivazione di corsi di idoneità, risultano prive di serietà per l’improbabilità della loro applicazione pratica. A studenti e insegnanti dunque non resta che mantenere vivo l’impegno nella ricerca di soluzioni alternative (per esempio l’attivazione di “classi ombra”) più efficaci e coerenti. Non solo mobilitazioni dunque, ma anche l’impegno di trovare nuove vie, mantenendo un dialogo con le istituzioni nonostante la sconfitta politica.
“Tutti soprattutto i giovani, guardano al futuro con speranza e fiducia”, ricorda il sindaco Moratti nel Manifesto del merito, lanciato all’ultima assemblea dei comuni italiani.
Per gli studenti del Liceo Civico Serale Gandhi il “futuro di speranza e fiducia” equivale forse alla perdita del tetto da cui sono da poco scesi?
Michela Giupponi
Intervista a Davide e Mattia, studenti delle civiche serali protagonisti dell’occupazione del tetto del Gandhi.
Qual è lo scopo preciso di questa protesta?
Non è solo una protesta personale ma è una protesta “etica” per la sopravvivenza delle scuole civiche, per gli studenti rimasti senza classe, senza la possibilità di studiare. Siamo saliti sul tetto perché serviva un gesto più radicale, altrimenti l’assessore Moioli non avrebbe riaperto le classi. E non le riaprirà. Abbiamo perso. Ma abbiamo perso più che una battaglia contro il comune: abbiamo perso il nostro desiderio di poter studiare, di poterci migliorare. Abbiamo perso, o meglio il comune ci ha rubato, il futuro.
Da quanto va avanti questa situazione e come è nata?
È già dallo scorso anno che il comune minacciava di chiudere il Gandhi e già allora abbiamo cominciato a mobilitarci: lezioni in piazza, cortei...ma non è niente di paragonabile alla mobilitazione degli ultimi 5 mesi, dopo la determina del 3 agosto, dopo aver visto la “serietà” del piano di offerta formativa della Moioli e di Mercadante, dopo che nemmeno i corsi di idoneità, promossi dal comune stesso, sono partiti. Quando, insomma, abbiamo visto che ci veniva definitivamente tolto il diritto allo studio e che nulla di tutto ciò che avevamo fatto fino ad allora era servito, abbiamo preso la decisione, drastica, di salire sul tetto. Ci siamo rimasti una settimana e quando martedì la polizia è salita per farci scendere, ci siamo spinti fino al cornicione e abbiamo portato avanti la nostra protesta. Abbiamo fornito l’esempio di una protesta pacifica, in difesa del diritto all’istruzione. È un’esperienza che rimarrà.
Come siete riusciti a fare ricorso al TAR?
Grazie al sindacato e a un’opera di autofinanziamento: tutti abbiamo dato qualcosa.
Qual è la vostra condizione scolastica attuale?
Le uniche classi che resteranno aperte sono la 5^ scientifico e sociopsicopedagogico e la 3^ liceo classico, tutte le altre verranno chiuse e più di 35 alunni rimarranno senza classe. Ci sono stati proposti dal comune dei corsi di idoneità che non sono mai partiti.
Che mi dici della possibilità di sostenere l’esame da privatisti?
Dovremmo pagare fino a 200€, senza contare che circa il 75% dei ragazzi che tenta l’esame da privatista viene bocciato.
Tra l’altro la serietà del corso di preparazione all’esame, che non potrebbe comunque essere paragonato ad un corso paritario, si commenta da sola: non solo hanno sbagliato per tutti gli alunni la classe per la quale dovrebbero essere preparati, ma non hanno nemmeno accennato all’orario di inizio e fine delle lezioni o al numero di ore settimanali. E per degli studenti lavoratori queste sono informazioni essenziali!
Per quanto riguarda i professori, invece?
Ci sono più di 40 insegnanti di ruolo che non insegnano in nessuna classe e vengono comunque pagati. Se le nostre classi venissero riaperte potrebbero essere i nostri docenti a costo zero. A questo proposito si stanno organizzando delle “scuole ombra”, che sarebbero delle lezioni per gli studenti rimasti senza classe, ossia tutti quelli dal quarto anno in giù, che per il momento sono tenute nei circoli del PD.
Qual è il messaggio che volete far passare, non solo al Comune?
Noi abbiamo perso, ma ci sono molte altre scuole civiche, come la Manzoni, che rischiano di essere chiuse. Non è accettabile, la lotta per l’istruzione deve continuare, e per poterlo fare ha bisogno della solidarietà di Milano.
Il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune. Perché?
Sostanzialmente perché l’istruzione viene decisa a livello regionale e quindi sono fatti del Comune. Se il Comune vuole chiudere, chiude.
E adesso?
E adesso ne parleremo. Ci sarà una riunione e discuteremo, insieme ai professori, sul da farsi. Per ora non c’è niente di concreto, solo iniziative che devono ancora realizzarsi. Probabilmente dovremo cercare tutti una soluzione personale. Comunque è importante continuare con la lotta per le civiche.
a cura di Gemma Ghiglia
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