IL MASTER È UN TITOLO MA AL COLLOQUIO VINCE LA PERSONALITÀ
Per capire meglio cosa si dice dei master nel mondo del lavoro abbiamo intervistato Gianpaolo Vergani e Massimo Bonacina, due manager che si occupano anche di selezione del personale; e Patrizia Cangialosi, responsabile selezione per la multinazionale Procter & Gamble.
Qual è la sua opinione circa i master?
G.V.: Non tutti sono seri: una parte si basa solo sul nome. Chiamano master anche corsi che durano 15 giorni! Altri, invece, su base annuale e con una dura selezione, danno altri risultati.
M.B.: Non si discute della serietà e dell’utilità di quelli universitari, sono più scettico sulle proposte aziendali che secondo me nascondono unicamente la necessità da parte delle aziende di trovare nuove leve.
P.C.: Il master non ha senso, molti lo fanno perché non trovano occupazione e pur di non rimanere a casa preferiscono rimettersi a studiare. A noi come azienda il master non interessa assolutamente.
A che cosa dà più peso nella selezione del personale?
G.V.: La cosa più importante rimane il colloquio: il voto di laurea è una discrimnante certa sui curricula ma molto si basa su come si pone il candidato. Nel curriculum il master aiuta a capire le aree che il candidato ha approfondito.
M.B.: Esperienze di lavoro precedenti, una preparazione tecnica adeguata al ruolo che si richiede, le lingue straniere. Io do molta importanza al colloquio, da cui si cerca di capire le aspettative del candidato, che troppo spesso sono “tutto, presto e subito”. Si richiede una certa umiltà e pazienza.
.P.C.: Noi quando valutiamo il curriculum badiamo molto alla coerenza delle scelte. Ma alle selezioni del personale chi ha fatto il master ha un percorso identico a chi non l’ha fatto, badiamo al carattere e alle potenzialità individuali.
Cosa consiglierebbe a un neo-laureato in cerca di lavoro?
G.V.: La laurea stessa deve essere fatta con estrema diligenza, con un percorso di livello adeguato al lavoro che uno vorrà fare dopo, che dovrebbe essere già inquadrato tra il secondo o il terzo anno. Importanti sono la conoscenza di una seconda e terza lingua e fare un master di estremo livello, anche se non italiano, ad esempio a Londra ce ne sono ottimi.
M.B: Se ne ha la possibilità economica e soprattutto la voglia, un master universitario; poi cercare grandi aziende, le quali consentono una grande esperienza formativa, per poi lavorare anche in aziende più piccole, dove l’esperienza maturata può essere meglio applicata.
P.C.: Prima ci si butta nel mondo del lavoro e meglio è. Pur se non si trova subito un lavoro in linea con le aspettative, serve per fare esperienza e arricchire il curriculum. Anche quello stagionale. Dopo la laurea basta con la teoria, ci vuole l’esperienza concreta: più importante che prendere 3 o 4 master.
A cura di Davide Bonacina e Diana Garrisi
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