È un peccato. Però è anche estremamente cinico. È cinico approfittare dell’età per mercanteggiare approvazione e mestiere. È cinico ingolosirsi e sguazzare nelle maiuscole del proprio nome, scolpite in un anima di granito diventata troppo grande, troppo carica, troppo immobile.
E così Woody Allen (Scoop), e così Claude Chabrol (La commedia del potere). Due opere squassate, che lo stelo fragile del volersi sempre se stessi non può reggere, e si piega subito, e tocca facilmente terra. Mentre scelte registiche impalpabili o tragicomiche (nel senso di tragiche benchè comiche, e viceversa) inchiodano e sprofondano: la “ricostruzione” dello scandalo Elf di Chabrol è puerile quanto didascalica (e senza scoop), l’intrigo “noir” di Allen sconcertante quanto passito (e senza commedia). E poi l’insopportabile tenerezza di fronte a chi vorrebbe il sorriso dell’approvazione, ma si umilia solo, come un qualsiasi clown che non fa ridere (Allen), e di fronte a chi vorrebbe pungolare l’intelletto, ma respira affannoso nel qualunquismo (Chabrol).
E tenerezza ancora di fronte a chi (Kezich, Porro, Mereghetti, Nepoti,..) finge di non vedere, e sopporta tutte queste immagini menomate nel senso e nello stile, e adora frustrarsi nel cantilenare una gloria ormai consunta e consumata da un cinema che non c’è più.
GIUDIZIO *
Mattia Mariotti
E così Woody Allen (Scoop), e così Claude Chabrol (La commedia del potere). Due opere squassate, che lo stelo fragile del volersi sempre se stessi non può reggere, e si piega subito, e tocca facilmente terra. Mentre scelte registiche impalpabili o tragicomiche (nel senso di tragiche benchè comiche, e viceversa) inchiodano e sprofondano: la “ricostruzione” dello scandalo Elf di Chabrol è puerile quanto didascalica (e senza scoop), l’intrigo “noir” di Allen sconcertante quanto passito (e senza commedia). E poi l’insopportabile tenerezza di fronte a chi vorrebbe il sorriso dell’approvazione, ma si umilia solo, come un qualsiasi clown che non fa ridere (Allen), e di fronte a chi vorrebbe pungolare l’intelletto, ma respira affannoso nel qualunquismo (Chabrol).
E tenerezza ancora di fronte a chi (Kezich, Porro, Mereghetti, Nepoti,..) finge di non vedere, e sopporta tutte queste immagini menomate nel senso e nello stile, e adora frustrarsi nel cantilenare una gloria ormai consunta e consumata da un cinema che non c’è più.
GIUDIZIO *
Mattia Mariotti
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