23 febbraio 2011

Viaggio a Bratislava: una città nuova

Alla voce “Bratislava” di Wikipedia si può trovare un profilo fin troppo roseo della capitale Slovacca: un centro storico pieno di castelli, palazzi, musei e luoghi di culto. Le università? Tante e rinomate, come il conservatorio che prepara ottimi musicisti. Per non parlare dell’elenco degli studenti e delle scuole
d’obbligo e superiori. Dati alla mano queste notizie sono vere, eppure non esiste solo questa Bratislava. Per capirlo bisogna guardarsi intorno nelle strade di periferia percorse per raggiungere le bellezze del centro storico. L’impatto è diverso. Dall’autobus sessantuno, che collega l’aeroporto alla città, l’idea immaginaria di Bratislava si modifica. Non ci sono palazzi signorili, ma case cupe in stile comunista. Le università sono scuole piene di graffiti e lasciate andare, dove è possibile vedere un paio di studenti fumare annoiati.

La città non è molto grande ma per raggiungere l’albergo è necessario prendere un altro tram. La metro è solo un progetto ancora da realizzare. Senza una guida adatta, si finisce col girare tra i rivenditori per trovare qualcuno che parli inglese: i biglietti vanno ad orario e senza indicazioni, trovare quello giusto è impossibile! Avvicinandomi verso il centro l’ambiente
non cambia molto, ma la percentuale delle case “sane” rispetto a quelle dall’aspetto pericolante aumenta. Per fortuna l’albergo ha una facciata tranquillizzante ed alla reception una ragazza accoglie i visitatori gentilmente. Parla inglese.

La strada per il centro è familiare. Mc Donald, negozi
di abbigliamento famosi ovunque, gli immancabili ristoranti cinesi e i venditori di kebab. Entrando nel centro si passa sotto alla porta di San Michele, ultima testimonianza delle mura antiche, per essere accolti da una via piena di bar, tavolini e tendoni. Ecco il cuore di Bratislava, Staré Mesto, il quartiere storico. Si respira un’aria di nuovo mentre intorno si profilano i palazzi del centro storico riverniciati e ristrutturati, forse troppo luminosi per trasmettere l’autorevolezza dell’antico. Le statue di metallo scuro conferiscono un aspetto stravagante al paesaggio, mentre gli sguardi sono tutti rapiti dalla figura metallica di un uomo che sbuca dal tombino. Sorride tenendo la testa sulle braccia incrociate, come se fosse normale penzolare da un buco nella strada. Davanti al neoclassico Teatro Nazionale si estende una via piena di sculture moderne e una scacchiera gigante di improvvisare partite con pedine viventi. Alla
fine del percorso il celebre ponte UFO. Il nome si riferisce in realtà al ristorante posto sopra al ponte, a forma di disco, che domina il fiume e il centro. Lì, la visuale della città, per chi gradisce, si può godere anche dal bagno, dove una scritta in inglese chiede: “Ti piace il panorama?”. Il Danubio scorre al di sotto torbido e giallo. Nell’attraversarlo le persone tremano leggermente: la particolarità è la sua struttura vibrante, dando una sensazione di precarietà, assieme al traffico che scorre sopra al passaggio pedonale. Un altro edificio che domina la città è il castello. Visibile da ogni parte del centro, appare oggi come un edificio in stile austriaco, ricostruito dopo la
seconda guerra mondiale. Come tanti altri edifici, è ancora in restauro. In tutta Bratislava i monumenti ricostruiti sono tanti. Alcuni di essi, persi fra le stradine del centro, lasciano vedere più stili stratificatisi nel tempo, amalgamati da restauri recenti.

In queste vie dove nuovo e antico si incontrano non sempre
armoniosamente, si trova l’anima della città. E’ visibile solo di notte, quando il centro si riempie di gente. Pub, bar esclusivi e ristoranti raccolgono turisti e slovacchi. Edifici dalle facciate poco solide e sporche aprono i locali dall’arredamento antico e affollati, dove il cibo costa poco e offre diverse buone specialità. Carne, pancetta affumicata, patate e birra artigianale si mescolano al fumo e alle facce scure dei camerieri. Ordinare non è sempre facile: l’inglese è conosciuto da pochi eletti. Si chiede a gesti ricambiati da maniere rozze e poca cordialità. In un locale invitano un gruppo di ragazzi stranieri ad accomodarsi fuori, perché dentro sarebbero fonte di disturbo. Per strada gli abitanti si distinguono subito dai gruppi di turisti. I ragazzi fanno branco accumunati da un fisico robusto e la testa immancabilmente rasata, mentre le ragazze truccate e vestite da sera
lanciano sguardi provocanti ai turisti, strappando apprezzamenti e commenti a uomini e donne. Un modo per scappare da questa città o solo dalla miseria. Sembra un posto chiuso e poco disponibile ad accettare l’altro, come se non avesse altri mezzi per proteggersi dal recente flusso di immigrati e turisti che la coinvolge. Al tempo stesso beneficio e condanna.

Andrea Fasani

2 commenti:

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