28 marzo 2009

ALLA RICERCA DELLA RIVOLUZIONE PERDUTA - INTERVISTA A VINCENZO LATRONICO



E’ nato a Roma, ha vissuto per un po’ in Lussemburgo e ora fa la spola tra Milano e Brescia. Dopo aver tradotto diversi libri dall’inglese e dal francese ha dato alla luce il suo primo romanzo, "Ginnastica e rivoluzione", avventure di un gruppo di militanti no-global ambientate in Francia alle porte del G8 di Genova. L’autore è Vincenzo Latronico, studente di Filosofia alla Statale di Milano.

Di cosa parla il libro?
Il libro è una specie di romanzo di formazione adattato ai tempi. Solitamente, un romanzo di questo genere racconta la storia di un personaggio che si presenta al mondo "vergine". Poi attraverso una serie di errori, di scontri, crea una sua visione del mondo. E riesce a entrare nel mondo degli adulti.
A me sembra che questo modello oggi non funzioni molto. Se mi guardo intorno, nel mondo reale, non trovo nessuno che arrivi vergine, moralmente, al contatto con la realtà e abbia problemi a trovare punti di riferimento e valori. Secondo me la crescita è la riconquista di una verginità, la riconquista della tabula rasa, da cui si può ricominciare a costruire la propria strada. Nella storia, raggiunto questo punto, i personaggi non mi interessano più e li lascio andare.

Da dove hai preso spunto?
Lo spunto è nato scrivendo. E’ nata come una storia completamente diversa, che avevo cominciato alla fine del liceo. Poi la trama è passata attraverso vari stravolgimenti ed infine è diventata quella che è adesso. Ha sempre ruotato attorno al G8 di Genova, senza però mai tentare di raccontarlo. Prima usavo una scusa per non narrarlo: dicevo che spettava ai tribunali raccontarlo. Adesso i tribunali l’hanno raccontato e l’hanno fatto male. Per cui mi sono detto "sarebbe ora di scriverne".
L’idea era di usare come tramite il silenzio, perché è un argomento che al pubblico generico di oggi è molto chiaro.

Personaggio più somigliante?
Tutti quanti direbbero "ah, la voce narrante" e invece non è vero. Io mi rivedo molto nel personaggio meno realistico, SS (il suicidato dalla società. ndr).
E’ il personaggio che sta più in disparte e, a posteriori, è forse quello che ci credeva di più. Le altre figure maschili fanno una figuraccia nel libro. Lui è l’unico che in qualche modo esce con forza, con prepotenza. E’ il personaggio a cui sono più legato e, paradossalmente, quello cui la storia personale è più palesemente forzata. Proprio per questo dice qualcosa sulla realtà. Il punto non è copiare la realtà, ma dirne qualcosa.
Ho immaginato una figura refrattaria al movimento di generazione, spinto da una sua voglia di fare le cose. SS ha avuto una serie di bastonate nella vita, tutte legate all’idea di movimento.
Secondo me proprio perché è un personaggio irrealistico riesce a fare presa.
E il protagonista?
Il protagonista è antipatico! Si fa chiamare T., come se avesse un nome affascinante, ma alla fine si scopre che si chiama Tonino. E’ costruito per stare antipatico al lettore e lo è perché "se la mena!" E’ uno che ha la telecamera puntata su di sé e non vede il mondo intorno. Solo alla fine, magari, la gira..

Ora lasciamo perdere il libro e parliamo delle tue preferenze. Hai un libro, un autore, un film, una canzone preferiti?
Un autore preferito potrebbe essere Antonio Moresco. "I canti del caos" secondo me è il più grande libro scritto negli ultimi quarant’anni.
Per quanto riguarda la musica, adoro Daniel Johnston! Un film preferito? E’ troppo difficile. Però posso dire che c’è un film, di cui una scena è stata ripresa nel libro: "Animal house". Posso dire che la mia opera preferita è "Un’italiana in Algeri".

In un’intervista recente hai detto: "La politica, quando è vera (come l’amore), è concreta, nasce dalla vita". Cosa intendevi?
Io non ho mai detto una cosa del genere!

Quindi cosa hai detto?
Stavo parlando dei miei personaggi e ho detto che il loro percorso di maturazione li porta a smettere di riempirsi la bocca di grandi parole e cominciare a fare delle cose piccole e locali. Per esempio, perché il progetto del Partito Democratico non coinvolge nessuno? Perché è un progetto che nasce dall’alto, non da un’iniziativa locale, piccola, concreta, per cui la gente è portata a "sbattersi". Perché l’Onda ha avuto tanto successo? Perché in un periodo in cui la gente si sente lontana dalla politica, l’Onda è partita da una questione piccola, legata alla vita quotidiana. Le persone vedono che la scuola dei loro figli, la scuola dove lavorano, peggiora drasticamente. Ciò porta a dire "facciamo qualche cosa!". Secondo me, oggi, la voglia di fare qualche cosa nasce dalla concretezza, non da grandi ideali. La gente non si entusiasma per le idee, si entusiasma per le battaglie che sente sulla propria pelle.

E dell’amore che pensi?
Che domanda! Dell’amore non penso niente. Come disse lo scrittore Karl Kraus a proposito del Fuhrer: "Su Hitler non mi viene in testa nulla da dire".

Progetti futuri?
Fino all’uscita del laboratorio, avrei detto il dottorato. Adesso sto facendo questa cosa alla radio (la rubrica "Mai più soli" su Radio Onda d’Urto), a Brescia. Ed è possibile che mi venga commissionato un testo teatrale per il Festival Teatrale di Napoli.

Angela Crucitti

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