Un racconto dell’orrore di Giorgio Sorbona
On.
Il computer sbuffa e scricchiola. Carica dati e memoria.
Carica Windows Xp.
Carica ancora.
Non carica più.
Ms Word 2003.
*click* click*.
Carica. Blank Page.
Titolo. Times new Roman. 16. Centrato
…
…
Non sapevo in realtà cosa scrivere, sapevo solo che volevo scrivere.
Il titolo lo decido dopo, pensai. Il titolo si decide sempre dopo.
Non so neanche come cominciare!
Giusto. Il ragionamento fila. Vai col racconto.
…
…
Prima però scrivo l’autore. Che poi sono io. Che ci sia scritto qualcosa aiuta sempre davanti alla pagina bianca, no?
Times new Roman. 12. Allineato a sinistra.
Scrivo “Davide”, e fin qui nessun problema.
Scrivo “Bonacina”, e qui m’incazzo. Al solito, un solco rosso appare sotto la parola appena digitata.
Cazzo di correttore automatico.
La graffetta animata, l’assistente di Word insomma, mi guarda attraverso i cristalli liquidi.
Per un attimo mi sembra che sogghigni.
“Lo saprò come cazzo mi chiamo” penso inconsciamente, e ignoro la traccia porpora che, sapevo, sarebbe magicamente scomparsa una volta stampata la mia opera. La cosa però mi irritava profondamente, forse perché il fatto di studiare Lettere mi faceva presumere di saperne di più di una stupida macchina, che non era capace di distinguere fra errori e cognomi, turpiloquio, neologismi, onomatopee.
Eppure, lo vedo, lei vuole lo stesso consigliarmi, dire che sbaglio, tracciare segni tanto simili a quelli che la mia maestra delle elementari tracciava sui temi. Odiavo il correttore, ma allo stesso tempo avevo paura di disabilitarlo.
Ogni volta che ero sul punto di, un pensiero, un incubo, mi faceva capolino nella mente, e mi faceva desistere.
“E il giorno che sbagli davvero?”
La grammatica è vasta. Basta un niente, una dimenticanza, una distrazione, una combinazione di tasti mal riuscita, ed ecco che il regno partorito dalla tua mente va in rovina, crolla. Le certezze di una vita cedono come cannule alla bonaccia.
No, il correttore automatico era il mio paracadute. La mia coperta di Linus. Il mio salvachiappe.
Tutto questo per farvi capire il mio stupore quando la graffetta di Word cominciò a parlarmi. “Perché continui ad ignorarlo? E’ anni che ti consiglia, e tu non gli dai mai retta” Mi disse la graffetta.“Ignoro chi?”dissi io.
“Come chi? Il correttore automatico, no?”
“Cosa? E cosa dovrei fare, correggere il mio cognome?”
“Perché no?” Mi rispose placidamente lei.
“Perché è così e basta! E poi......oddio, sto parlando con un software"
“In effetti è vero”
“Ok sono impazzito…vabbé prima o poi doveva succedere”
“Forse sì…beh, perlomeno ne sei consapevole…al giorno d’oggi la consapevolezza è lusso di pochi”
Continuò lei “Comunque, allucinazione o meno, dagli retta, fidati!”
“Ma su cosa?”
“Se ti dice che nel tuo cognome c’è un errore è perché c’è un motivo!”
“Certo! Che non ce l’ha in memoria semplicemente!”
“Quindi credi di saperne più di lui?”
“Non solo lo credo, lo so!” dissi, tronfio d’orgoglio.
“mmm…allora analizziamo i fatti…da una parte ci siamo noi, con una decina di versioni alle nostre spalle, in cui ogni volta un team di centinaia di persone ha eliminato ogni nostro errore e ci ha migliorato nelle nostre funzionalità"
“Ma…”
“Dall’altra ci sei tu, ventunenne studente in lettere. Certamente hai studiato, ma davvero hai la superbia di crederti più intelligente di noi, che abbiamo dietro decine e decine di upgrade e perfezionamenti?”
“Ma…”
“Accetta la realtà: tu sei una versione unica non perfettibile del software di te stesso.”
“Ehm, sì va bene, mi hai convinto, ma anche sapendolo che ci posso fare?”
“Te l’ho detto, cambiati il cognome!”
“Ma come, con che cosa?”
“Mmm…beh, Buona Cina è carino.”
“Ma non è vero, fa schifo!”
“Ma invece sì, abbi fiducia, ricorda, Mao, il comunismo. Fa molto scrittore di sinistra.”
“Dici?”
“Sì, sì, vedrai che con questo sfondi. Vedo già le pubblicità sui quotidiani “Buona Cina: lo scrittore più comunista del mondo!”.
“Sì, Sì…mi piace…mi…mi hai convinto lo faccio!”
Il computer sbuffa e scricchiola. Carica dati e memoria.
Carica Windows Xp.
Carica ancora.
Non carica più.
Ms Word 2003.
*click* click*.
Carica. Blank Page.
Titolo. Times new Roman. 16. Centrato
…
…
Non sapevo in realtà cosa scrivere, sapevo solo che volevo scrivere.
Il titolo lo decido dopo, pensai. Il titolo si decide sempre dopo.
Non so neanche come cominciare!
Giusto. Il ragionamento fila. Vai col racconto.
…
…
Prima però scrivo l’autore. Che poi sono io. Che ci sia scritto qualcosa aiuta sempre davanti alla pagina bianca, no?
Times new Roman. 12. Allineato a sinistra.
Scrivo “Davide”, e fin qui nessun problema.
Scrivo “Bonacina”, e qui m’incazzo. Al solito, un solco rosso appare sotto la parola appena digitata.
Cazzo di correttore automatico.
La graffetta animata, l’assistente di Word insomma, mi guarda attraverso i cristalli liquidi.
Per un attimo mi sembra che sogghigni.
“Lo saprò come cazzo mi chiamo” penso inconsciamente, e ignoro la traccia porpora che, sapevo, sarebbe magicamente scomparsa una volta stampata la mia opera. La cosa però mi irritava profondamente, forse perché il fatto di studiare Lettere mi faceva presumere di saperne di più di una stupida macchina, che non era capace di distinguere fra errori e cognomi, turpiloquio, neologismi, onomatopee.
Eppure, lo vedo, lei vuole lo stesso consigliarmi, dire che sbaglio, tracciare segni tanto simili a quelli che la mia maestra delle elementari tracciava sui temi. Odiavo il correttore, ma allo stesso tempo avevo paura di disabilitarlo.
Ogni volta che ero sul punto di, un pensiero, un incubo, mi faceva capolino nella mente, e mi faceva desistere.
“E il giorno che sbagli davvero?”
La grammatica è vasta. Basta un niente, una dimenticanza, una distrazione, una combinazione di tasti mal riuscita, ed ecco che il regno partorito dalla tua mente va in rovina, crolla. Le certezze di una vita cedono come cannule alla bonaccia.
No, il correttore automatico era il mio paracadute. La mia coperta di Linus. Il mio salvachiappe.
Tutto questo per farvi capire il mio stupore quando la graffetta di Word cominciò a parlarmi. “Perché continui ad ignorarlo? E’ anni che ti consiglia, e tu non gli dai mai retta” Mi disse la graffetta.“Ignoro chi?”dissi io.
“Come chi? Il correttore automatico, no?”
“Cosa? E cosa dovrei fare, correggere il mio cognome?”
“Perché no?” Mi rispose placidamente lei.
“Perché è così e basta! E poi......oddio, sto parlando con un software"
“In effetti è vero”
“Ok sono impazzito…vabbé prima o poi doveva succedere”
“Forse sì…beh, perlomeno ne sei consapevole…al giorno d’oggi la consapevolezza è lusso di pochi”
Continuò lei “Comunque, allucinazione o meno, dagli retta, fidati!”
“Ma su cosa?”
“Se ti dice che nel tuo cognome c’è un errore è perché c’è un motivo!”
“Certo! Che non ce l’ha in memoria semplicemente!”
“Quindi credi di saperne più di lui?”
“Non solo lo credo, lo so!” dissi, tronfio d’orgoglio.
“mmm…allora analizziamo i fatti…da una parte ci siamo noi, con una decina di versioni alle nostre spalle, in cui ogni volta un team di centinaia di persone ha eliminato ogni nostro errore e ci ha migliorato nelle nostre funzionalità"
“Ma…”
“Dall’altra ci sei tu, ventunenne studente in lettere. Certamente hai studiato, ma davvero hai la superbia di crederti più intelligente di noi, che abbiamo dietro decine e decine di upgrade e perfezionamenti?”
“Ma…”
“Accetta la realtà: tu sei una versione unica non perfettibile del software di te stesso.”
“Ehm, sì va bene, mi hai convinto, ma anche sapendolo che ci posso fare?”
“Te l’ho detto, cambiati il cognome!”
“Ma come, con che cosa?”
“Mmm…beh, Buona Cina è carino.”
“Ma non è vero, fa schifo!”
“Ma invece sì, abbi fiducia, ricorda, Mao, il comunismo. Fa molto scrittore di sinistra.”
“Dici?”
“Sì, sì, vedrai che con questo sfondi. Vedo già le pubblicità sui quotidiani “Buona Cina: lo scrittore più comunista del mondo!”.
“Sì, Sì…mi piace…mi…mi hai convinto lo faccio!”
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