Johann Sebastian Bach, Concerti per violino, archi e basso continuo BWV 1041-43
Genio timido e riservato, asservito totalmente al bene della sua famiglia, del suo lavoro e della sua arte, Johann Sebastian Bach costituisce la summa spirituale di quel protestantesimo meditativo che cerca Dio dappertutto e si sforza di comprenderlo.
Una personalità lontana dal chiacchiericcio mondano e intensamente laboriosa e irrobustita da una fede vigorosa ma consapevolmente vissuta. Conservatore nel senso letterale del termine: colui che conserva, che salva i valori del passato. Assimilatore squisito, molto più che rivoluzionario innovatore, incarna, portandoli ad espressione perfetta e definitiva, tutti i caratteri della sua epoca e del barocco musicale.
Difficile trovare un’opera che riesca a racchiuderle tutte ed esemplificarle. Si potrebbe, però, cominciare dall’ascolto dei tre concerti per violino archi e basso continuo BWV 1041, 42, 43.
Unici esemplari rimasti di una fittissima produzione - certamente abbastanza da poterci ragionare tutta la vita – ci rivelano un Bach già alla più sublime altezza del suo genio strumentale. Lontano dai fatui virtuosismi tipici di numerosi concerti dell'epoca, egli dà vita a una multiforme dialogicità fra strumento solista e orchestra, componendo, per vie completamente diverse, una scrittura assai difficile che richiede dall'esecutore notevole impegno.
Una personalità lontana dal chiacchiericcio mondano e intensamente laboriosa e irrobustita da una fede vigorosa ma consapevolmente vissuta. Conservatore nel senso letterale del termine: colui che conserva, che salva i valori del passato. Assimilatore squisito, molto più che rivoluzionario innovatore, incarna, portandoli ad espressione perfetta e definitiva, tutti i caratteri della sua epoca e del barocco musicale.
Difficile trovare un’opera che riesca a racchiuderle tutte ed esemplificarle. Si potrebbe, però, cominciare dall’ascolto dei tre concerti per violino archi e basso continuo BWV 1041, 42, 43.
Unici esemplari rimasti di una fittissima produzione - certamente abbastanza da poterci ragionare tutta la vita – ci rivelano un Bach già alla più sublime altezza del suo genio strumentale. Lontano dai fatui virtuosismi tipici di numerosi concerti dell'epoca, egli dà vita a una multiforme dialogicità fra strumento solista e orchestra, componendo, per vie completamente diverse, una scrittura assai difficile che richiede dall'esecutore notevole impegno.
Canovaccio delle composizioni: il Vivaldi del concerto in tre tempi. È incredibile come il genio tedesco abbia saputo assorbire lo stile vivaldiano per ripassarlo attraverso i fittissimi meandri della sua sterminata fantasia e farlo proprio quasi come se seguisse soltanto i moti del suo spirito. Si avverte proprio l’eco di un animo capace di fare allignare in sé tutte le più profonde meditazioni esistenziali sull’uomo, su Dio, sull’universo. La duplice dialettica finito-infinito, uomo-Dio sembra cavalcare le note del concerto per due violini BWV 1043 in una meditazione straniante e, a tratti, struggente: un continuo rispecchiarsi di sequenze musicali dei due violini, un sublime scambio, porgersi di bellezza da una parte all’altra. Un’inesauribile energia ritmica che riceve impulso dalle taglienti raffigurazioni tematiche di chiara matrice vivaldiana e che si protrae con un moto continuo senza pause né distensioni in un sorprendente esplodere di vitalità.
Danilo Aprigliano
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