Qual è la caratteristica principale della tua arte?
Cosa dire, sono in difficoltà già alla prima domanda. La mia è un’arte figurativa. Creo disegni e illustrazioni, così come li vedo io, e ciò che li fa vivere è il colore.
Di certo nelle tue opere il colore non manca, è proprio il colore che le caratterizza, che cattura gli sguardi...
C’è tanto colore perché io mi esprimo con il colore. Vedo, mi guardo attorno, e per me è la massa di colore che crea la forma. Ad esempio quella siepe: per me è il verde che le dà la forma, sono le luci e le ombre che le danno il volume. Insomma vedo le cose a modo mio e poi le trasferisco su tela, su un foglio: da una macchia di colore creo il mio mondo.
Pensi che gli studi siano fondamentali per riuscire ad affermarsi o basta il talento?
Gli studi sono fondamentali, il solo talento non basta. Io non ero molto ferrata nel disegno, certo ero portata, ma come un’adolescente che per ascoltare le lezioni di filosofia e storia, scribacchia su un foglio. Frequentando corsi e scuole sei obbligato a fare esercizi, magari anche noiosi, ma che servono per sviluppare la capacità di osservazione e allenare la mano. In più provi tecniche diverse, l’insegnante ti suggerisce come utilizzare ecoline o acquerello, tempera o acrilico. Ho imparato moltissimo a scuola, ma anche se può apparire la solita frase fatta devo dire che “non si finisce mai di imparare”.
Come nascono i tuoi personaggi? Che tecnica usi?I miei personaggi nascono da me, escono dalla matita così come vengono creati nella mia mente, e tramite il pennello e i colori, li faccio vivere. Non uso nessuna tecnica particolare, mi lascio semplicemente trasportare dalle mie emozioni.
In questi anni hai sviluppato tecniche e stili nuovi?
Come detto prima, non si finisce mai di imparare, e quindi è logico avere un percorso. Adoro sperimentare differenti tecniche con materiali diversi (gesso, sabbia, collage…) e lavorare su illustrazioni con particolari gamme cromatiche per provare le sensazioni e le emozioni che trasmettono. C’è stato un periodo in cui ho lavoarto sul bianco e nero, tecnica che mi ha permesso di approfondire l’importanza di luci e ombre per creare volume, per conferire una personalità, una determinata caratteristica o posa a un soggetto. Ora la uso solo se è estremamente necessario, preferisco giocare con i colori. Inoltre, non porto mai avanti gli stessi personaggi, non sono una fumettista. Ultimamente prendo in prestito dalle favole, personaggi già esistenti come la Sirenetta o Biancaneve, e ispirandomi a loro do sfogo alla mia fantasia.
Quindi le favole influenzano le tue opere. Qual è la tua preferita?
Sì, le favole m’ispirano molto. Non ne ho una preferita, ma i fratelli Grimm sono al primo posto nelle mie scelte. Ho rappresentato tanto anche Pinocchio di Collodi: è pieno di personaggi interessanti, come Mangiafuoco e la balena.
Hai un pittore o illustratore preferito che in qualche modo influenza la tua arte? Qualche maestro o corrente artistica che ti piace e segui?Anche qui, non ho un preferito. Osservo molto il lavoro degli illustratori e fumettisti contemporanei, soprattutto quelli francesi. Ogni volta che visito un Paese diverso dall’Italia, faccio una capatina in libreria per vedere come lavorano gli illustratori del luogo. Ogni paese influenza la mano. Riguardo ai pittori del passato, mi piace molto Van Gogh, per i suoi colori e movimenti. Ma per rimanere folgorati, bisogna vedere i suoi quadri dal vivo! Anche le tavolozze degli impressionisti mi piacciono, ma ultimamente sono più sulla Pop-Art. Comunque ogni volta che vado in una città e c’è una mostra di pittura, non me la perdo di certo!
Spesso c’è un po’ di confusione fra pittore e illustratore, potresti spiegare la differenza effettiva tra queste due figure?
Oddio, non vorrei sbagliare, ma il pittore dipinge su tela, ha un’opera da esporre, massima libertà, e crea quello che vuole. L’illustratore, come dice la parola, illustra e solitamente il suo lavoro è commissionato, e verrà poi stampato o utilizzato per qualcosa come una pubblicità, la copertina di un libro, un logo… in questo caso hai una certa libertà, ma con un tema o un soggetto definito e deciso da altri: i datori di lavoro.
Cosa hai fatto o stai facendo per riuscire a trovare il tuo trampolino di lancio?
Ho collaborato con grandi e piccole case editrici, e le esperienze lavorative ti fanno sempre crescere… e posso solo dire che “Chi semina raccoglie”, e noi illustratori seminiamo sempre!
Secondo la tua esperienza quali sono in Italia i principali problemi che deve affrontare un giovane illustratore emergente?
All’inizio è più difficile perché gli editori non ti conoscono, per questo bisogna crearsi un portfolio e portarlo in giro, e spedirlo a possibili clienti. I problemi sono quelli di qualunque altro libero professionista: all’inizio è sempre più difficile ma poi pian piano ci si fa un nome e si impara a confrontarsi col mondo del lavoro.
Cosa consiglieresti a un giovane illustratore alle prime armi che vorrebbe iniziare a lanciarsi in questo mondo?
Di armarsi di tanta pazienza e buona volontà. Come dicevo, l’inizio è sempre difficile. Oggigiorno grazie a Internet è più facile farsi conoscere, quindi è importate aprire una pagina web con i propri lavori da mostrare agli editori; partecipare ai concorsi, mandare in giro il proprio portfolio e fare tanti colloqui. Inoltre è davvero utile andare alle fiere specializzate come quella di Bologna Fiera del libro per ragazzi. E infine… continuare a disegnare e disegnare!
Un’ultima domanda. Conosci Liu Bolin?
No, chi è?
E’ un artista cinese che, ispirandosi al mimetismo degli animali, pittura il suo corpo come lo sfondo, diventandone parte integrante. Con questo gesto vuole sottolineare il disinteresse per l’arte in Cina. Cosa ne pensi, potrebbe essere utile anche in Italia?
Bella idea, ma per far scattare la molla, deve esserci interesse anche da parte delle persone, non solo dello Stato. Comunque di iniziative ce ne sono tante, come il recente progetto graffiti a Milano, dopo il processo a Bross. Certo all’estero le manifestazioni e gli eventi in questo campo, come in tanti altri, sono sempre di più. Chissà perché?
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