La situazione è la seguente: circa un mese fa ricevo una telefonata dal mio grande amico, nonché socio per certi affari, dei quali un giorno o l’altro vi parlerò, se mai farò una rubrica dal nome Non si esce vivi da Rebibbia, Fabrizio Corona. La nostra comunicazione avviene attraverso un assiduo scambio di MMS. Rivaleggiavamo a chi fotografava più V.I.P.: ecco, credo che lui sia andato un po’ oltre. Aveva la smania di fotografare calciatori, ma si lamentava sempre del fatto che questi scatti non venissero puliti: c’era sempre una ragazza appiccicata all’atletico corpo del giocatore, e ne impediva il riconoscimento. Dal canto mio inseguivo vecchi personaggi che negli anni ottanta raggiunsero una fugace e clamorosa celebrità, per poi declinare verso o un triste anonimato, o un malcelato disprezzo. Giro per le strade di Milano in cerca di qualche ex V.I.P. da immortalare e spedire al Corona, e mi imbatto nell’esuberante Pasquale Finicelli. Immaginatevi il mio entusiasmo. Che fortuna incontrare il Finicelli a Milano, tra tutti i personaggi famosi in queste zozze vie. Per chi non si tenesse dalla curiosità, il soggetto era enormemente noto dall’86 all’88 come Mirko, il cantante dei Beehive, nonché fidanzatino di Licia, in quella splendida fiction, di stampo preistorico, che la Fininvest (se non ci fosse, qualche imprenditore con tanti soldi presi chissà dove, dovrebbe inventarla) trasmise col nome di Love me Licia o Licia Dolce Licia o Teneramente Licia. Il Finicelli al tempo doveva sottoporsi ad ore di trucco, per riuscire ad assomigliare al Mirko versione manga, con capelli gialli e ciuffo cotonato rosso. Malgrado un ascolto pazzesco una serie di LP pubblicati dai Beehive con Cristina D’Avena (la dolce Licia), il sogno multimediale di un cartone che si fa telefilm, dal quale i protagonisti entrano nella realtà, uscendo dal televisore, e si impongono come finti ma verosimili musicisti, termina presto. Ogni tentativo del Finicelli di imporsi come Mirko dei Beehive senza i Beehive fallisce silenziosamente, cozzando contro produttori che lo reputano non credibile. Pretesa risibile, quella del Finicelli, dato che non era sua manco la voce, che, invero, era di Enzo Draghi. Mirko, ormai quarantaduenne e decotonato, confessa di aver provato la fortuna in qualsiasi reality, ma con preferenza per Music Farm: lui è un cantante. O forse no. Il suo personaggio era un cantante. Come è possibile confondere i piani di realtà e finzione in questo modo? E’ proprio questa l’essenza e l’eredità di quel decennio: l’aver equiparato la forma, per la prima volta, con la sostanza. E torniamo a dire che c’è chi non ne è uscito vivo. Ecco questo è ciò che avevo da dirle dottor. Woodcock.
Fabrizio Aurilia
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