Siamo arrivati alla dodicesima puntata di questa rubrica, undici scritte da me, una da Nicola Spagnuolo, redattore di Vulcano di provenienza oscura, quanto quella degli Etruschi, e sparito pochi mesi fa, senza farci sapere più nulla di sé, proprio come non si sa niente degli Etruschi.
Fatto sta che una puntata la scrisse lui, precipitando in questo modo al penultimo gradino della scala etica, che vede agli ultimi tre posti: il futuro segretario della "cosa rossa", l’autore della rubrica anni 80 e, all’ultimo posto, il lucumone, appellativo del re degli Etruschi, che godeva di scarsissimo potere.
Per Nicola fu un’infatuazione a cui non seppe resistere, come accadde nel 1981 al popolo musicale italiano, quando permise al bel cantante belga Plastic Bertrand di scalare le classifiche con ben due raffinati successi: Hula Hoop, una sorta di pop-new-wave-punk-trash, e Ping Pong.
Ping Pong partecipa a Sanremo nel 1982 raggiungendo la finalissima. La lirica rappresenta la summa poetica di Plastic, spiccando per profondità di introspezione e acutezza nell’analisi di un rapporto di coppia oramai frusto: la relazione tra i due amanti non è altro che una dolorosa e faticosa partita a ping pong. Sì proprio così, un botta e risposta snervante, senza soluzione di continuità, e alla fine chi vince, chi dei due amanti ha la meglio, resta con in mano una piccola racchetta di legno e una pallina leggera e bianca, quasi trasparente.
La morale? Senza una persona con cui giocare a ping pong cosa sarebbe la vita, cosa l’amore? Puoi giocare a ping pong contro il muro, certo si può, ma non è, in fondo, più ripetitivo della masturbazione?
Quanto era importante quello scambio serrato di colpi tra te e qualcuno che si muoveva: e non un muro. Sarebbe bello un muro che si muove… ma non esiste. E’ del tutto inutile continuare a sperare che un muro si muova, che prenda una racchetta in mano; i muri non hanno le mani. I muri sono senza mani, maledizione!
Ecco, questo è pressappoco ciò che il belga Plastic Bertrand voleva dirci quando è calato in Italia tra l’81 e l’82, conquistando con la sua filosofia comportamentale migliaia di ragazzine.
Cinque anni dopo il ragazzone parteciperà all’Eurofestival quale rappresentante del Lussemburgo (paese celebre per la sensibilità nei confronti dello struggimento amoroso), con il pezzo Amour amour, che letteralmente significa un muro un muro. Ma l’incanto era rotto: si piazza penultimo.
Mi piacerebbe concludere con il solito "e di lui non si seppe più nulla come per gli Etruschi" ma non posso perché nel 2002 conduce Star Academy, una specie di Amici di Maria de Filippi belga, ma che non riscuote alcun successo. Lettore, se arrivi fin qui, pensaci: potevi occupare meglio gli ultimi 90 secondi? Il tempo è importante.
Fabrizio Aurilia
Nessun commento:
Posta un commento