Pasquale Finicelli è un autista che lotta ogni santissimo giorno nel traffico di Milano. Poi accade una cosa: quest’uomo contemporaneo si ricorda di essere stato qualcuno; che sì, per dio, quei quindici minuti di celebrità li ha avuti anche lui. Allora corre a casa, prende quel baule impolverato con la scritta “Negli anni ’80 per un attimo sono stato famoso anche io, e che cazzo!”, lo apre, ha le mani tremanti, rovista tra ritagli di giornali ingialliti, tra le tessere del Partito Socialista, tra le fotografie che lo immortalano con Claudio Martelli e Cicciolina nel transatlantico di Montecitorio, altre che lo vedono a Capalbio in mutandine verdi fluorescenti che gioca a racchettoni con Bobo e Stefania Craxi, mentre il buon Bettino, da sotto la tesa del berretto di feltro, vigila con quel suo tipico sguardo da velociraptor ciccione. Ed ecco, sotto le macerie culturali di un decennio impossibile, trova lei: la parrucca bionda col ciuffo rosso. Nello spazio di una fellatio al Presidente del Consiglio, ri-diventa Mirko, il mitico leader dei Beehive. L’immagino così la reunion della band che tra il 1985 e il 1988, ha incarnato i Beehive, animazioni della serie Kiss me Licia. Il Finicelli ha richiamato tutti: Manuel “Matt” De Peppe, Sebastian “Satomi” Harrison, Luciano “Paul” De Marini, e la new entry, il noto (negli ambienti di casa sua) Tony Amodio, del quale si ricorda anche l’album Deja vu, con la hit Forever, che a sua volta è la versione italiana di I can’t hold you (all the time), che però si chiama Forever, quindi è palesemente la versione italiana. La band simbolo degli anni 80, anni in cui c’era un simbolo al minuto, riparte in grande stile con un album e un tour estivo: la prima data è stata l’11 luglio a Lignano Sabbiadoro. Il tour prevede tappe in Italia, ma anche a Malta, in Slovenia e in Canada. Intanto, però, l’unico altro concerto ufficiale si terrà il 23 agosto all’interno del Festival “50 anni e dintorni” a Montecatini Terme, durante il quale, questi splendidi cinquantenni si esibiranno per altri splendidi settantenni, ospiti per le annuali cure termali e la rimozione dei fastidiosissimi duroni e calli alle dita dei piedi. Un’occasione per Finicelli e Satomi di testare l’impermeabilità al tempo, potendo vantare finalmente un pubblico maturo e consapevole; altro che i mocciosi gocciolanti, che li adoravano senza spirito critico. Noi reduci di quegli anni attendiamo con curiosità degna di un bradipo muto, cieco, sordo, paralizzato ed impotente, il ritorno sulle scene di questa band, che ha saputo scalzare dalle classifiche i Duran Duran, e gli Wham, senza saper suonare una nota che fosse una. Ci sentiamo di augurare ai Beehive che la polvere che ha coperto per vent’anni i loro successi, si tramuti, come d’incanto, in polvere di stelle. O in cocaina.
Fabrizio Aurilia
Fabrizio Aurilia
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