Stretta tra la Tailandia e il Vietnam, due paesi in corsa per recuperare terreno nel sistema economico globale, la Cambogia cammina in ginocchio. Fatta eccezione per le sproporzionate speculazioni, edilizie in particolar modo, legate al turismo e l’esportazione illegale di legno pregiato, lo sviluppo del paese è fermo.
Durante gli anni sessanta le premesse per una rapida crescita c’erano tutte: scuole funzionanti, sistema sanitario tra i migliori del sudest asiatico, economia in movimento. Ma la guerra del Vietnam infuriava ai confini e gli sforzi di Re Sihanouk – figura emblematica che attraversa tutta la storia contemporanea del paese – per mantenere la Cambogia non allineata, non furono sufficienti per evitare il catastrofico coinvolgimento. Il nuovo governo, instaurato con un colpo di stato, schierandosi a fianco degli Stati Uniti dichiarò guerra al Vietnam, venendo così invaso dalle milizie nemiche.
Scivolando verso l’abisso.
La “guerra segreta” di Nixon e Kissinger - il bombardamento a tappeto dei villaggi di Laos e Cambogia all’oscuro degli americani stessi e del mondo intero- diede forza e credibilità al movimento armato degli Khmer rouge, che riuscirono a conquistare il potere con un colpo di stato nel 1975, l’Anno Zero. Il regime comunista di Pol Pot perpetrò un sistematico “autogenocidio” per quattro anni, fino ad una nuova invasione da parte del Vietnam e la successiva occupazione militare, durante la quale le Nazioni Unite hanno ben pensato di foraggiare le sopravvissute milizie di Pol Pot in funzione antivietnamita.
Se edifici ed infrastrutture sono stati distrutti dalle bombe, i valori, speranza nel futuro in primis, sono stati annichiliti da uno fra i più folle regimi che la storia contemporanea abbia mai conosciuto. L’abolizione del sistema educativo, sanitario ed informativo del paese e l’eliminazione fisica di insegnanti, dottori ed intellettuali erano parte centrale dell’attuazione della rivoluzione in Cambogia. Queste scelte condannarono la nazione a rimanere in ginocchio ben oltre la caduta del regime. Se l’amministrazione del paese, secondo una politica di stampo maoista, non ha risparmiato nessun cambogiano (eccezion fatta, ovviamente, per gli alti dirigenti del regime) le persone specializzate venivano considerate come primi obiettivi da eliminare. Dei più di novecento dottori di cui il paese disponeva prima dell’Anno Zero, solo cinquanta sopravvissero ai quattro anni di regime.
Nazioni Unite in arrivo.
Dopo dodici anni di occupazione venne disposta la più imponente e fallimentare missione internazionale sotto l’egida dell’Onu, che si concluse con le elezioni del 1993. Gli obiettivi che la comunità internazionale si era posta erano ambiziosi e gli strumenti di cui si era dotata i più forti mai affidati ad una missione internazionale: mantenere legge ed ordine, disarmare le milizie, salvaguardare i diritti umani, favorire la riconciliazione nazionale, organizzare e svolgere libere elezioni. Il tutto, attraverso il diretto governo del paese, affidato nei suoi aspetti fondamentali all’UNTAC, acronimo di United Nation Transitional Authority in Cambodia. L’unico obiettivo davvero raggiunto, le libere elezioni, si e’ dissolto in pochi anni, non essendo sostenuto da nessun altra condizione di sopravvivenza per una democrazia.
Le milizie degli Khmer rouge continuavano a dominare parte del paese; il Partito del Popolo Cambogiano, di diretta derivazione vietnamita, perse le elezioni ma trovò comunque il modo di continuare a governare, grazie al controllo delle forze armate. Fino al colpo di stato del 1998, che fissò definitivamente il potere nelle mani del PPC, sotto le mentite spoglie di una democrazia costituzionale.
In parallelo, l’esercito di tanto inutili quanto lautamente pagati “consulenti” marchiati UN ha contribuito all’incrostazione definitiva di uno dei più corrotti sistemi politici ed economici del mondo. Il diffuso rifiuto da parte dei membri della missione UNTAC di utilizzare la moneta locale ha portato il dollaro ad essere seconda moneta del paese e, di fatto, alla perdita del controllo sui movimenti interni di denaro. Dal primo ufficiale di frontiera, dal più insignificante dipartimento di polizia, ai vari ministri, fino allo stesso Re, la corruzione e’ il sistema. Non si entra in ospedale senza passare “under the desk”, non si sporge una denuncia senza pagare l’agente che hai di fronte, non si apre un’attività economica qualsiasi (ne’ la si conduce) senza “stabilire buone relazioni con le autorità”.
D’altronde, poliziotti, militari, dottori, funzionari turistici, impiegati di ogni genere del settore pubblico (facendo sempre eccezione per la leadership) sopravvivono con uno stipendio di 20 dollari americani al mese, spesso con una famiglia numerosa alle spalle.
Cambogia oggi.
Se la Cambogia turistica sopravvive nonostante queste condizioni, il resto del paese arranca. Mentre le catene alberghiere internazionali e compagnie aeree locali influenzano direttamente le scelte degli amministrazione del paese (fino a impedire la costruzione di strade quando sia ritenuto nocivo al loro interesse), la fame e la mancanza di servizi sanitari fondamentali affliggono
la maggior parte della popolazione.
Con il 65% di cambogiani affetti da tubercolosi -altra eredità raccolta dal delirio suicida del regime degli Khmer rouge attraverso la citata abolizione del sistema sanitario e la deportazione dell’intera popolazione nella campagna in condizioni inumaneil 90% della popolazione al di sotto della soglia di povertà e la corruzione come unico mezzo per ricevere l’assistenza necessaria, ciò che non termina la fame lo conclude la malattia.
Proprio ora, mentre l’attenzione sanitaria mondiale e’ rivolta al raffreddore dei polli, la Cambogia affronta la più devastante epidemia di dengue che abbia mai colpito il paese. Il clima umido della stagione delle piogge rende questa malattia, letale specialmente per i bambini, di facilissima diffusione.
L’assoluta inconsistenza degli interventi del governo e la politica sanitaria dell’Organizzazione mondiale della sanita’ (“paese povero, medicine povere” che, tradotto nel dizionario cambogiano, significa l’autorizzazione a vendere medicine per la tubercolosi vietate nei paesi più sviluppati in quanto inefficaci e dannose per la salute) lasciano le uniche speranze nelle mani delle ONG che operano nel paese.
L’assoluta inconsistenza degli interventi del governo e la politica sanitaria dell’Organizzazione mondiale della sanita’ (“paese povero, medicine povere” che, tradotto nel dizionario cambogiano, significa l’autorizzazione a vendere medicine per la tubercolosi vietate nei paesi più sviluppati in quanto inefficaci e dannose per la salute) lasciano le uniche speranze nelle mani delle ONG che operano nel paese.
Volontari all'opera.
Nell’inferno della vita comune in Cambogia, solo l’intervento imponente di numerose organizzazioni non governative, di estrazione locale o di carattere internazionale, ha portato il paese a compiere piccoli passi avanti dalla fine dell’occupazione ad oggi.
Gli unici ospedali funzionanti, l’alfabetizzazione diffusa nell’entroterra, il reinserimento dei disabili il cui numero cresce quotidianamente (minare i campi di riso è stata la strategia preferita dell’ultimo decennio di guerra civile), sono alcune tra le tante attività svolte dalle associazioni che, gratuitamente, sostituiscono governo e istituzioni internazionali.
Dieci anni fa si scriveva che per la Cambogia: “la speranza risiede nelle persone non ancora nate”. Oggi la speranza per la Cambogia sta negli eroi sconosciuti che si assumono la responsabilità delle scelte di altri. In quelle persone che lottano quotidianamente contro la fame e le malattie in un paese dove il senso della comunità -un tempo carattere distintivo della nazione e’stato sotterrato da troppo tempo. Persone che ritengono che “Aspettando Godot” non si arrivi da nessuna parte.
Il complesso dei templi di Angkor Wat, meraviglia del mondo di eccezionale impatto, il turismo sessuale e la diffusione della droga sono i tre punti focali attorno i quali si muove il turismo internazionale e che hanno indotto un crescente interesse verso il paese.
Il governo guadagna moltissimo da questo turismo, sia in via ufficiale -attraverso i costosissimi biglietti di ingresso per i templi, di cui il 75% del ricavato finisce direttamente nelle mani del ministro delle finanze- sia in via non ufficiale, attraverso le varie procedure sottobanco. Catene alberghiere internazionali, in particolare provenienti dalla vicina Tailandia, pagano a caro prezzo la possibilità di agire su un terreno che offre spazio per le più grandi speculazioni. La comunità guadagna un po’ meno, spaccata tra strade colorate, luminose e tranquille, e il resto delle città, abbandonate al più totale degrado.
L’ingresso di questi grandi capitali ha contribuito alla formazione di una diffusa microcriminalità che fa dei turisti il proprio punto di riferimento, come vittime o come clienti.
Marco Bettoni